L'articolo di Lodovico Festa pubblicato sul Foglio di vernedì scorso

Consigli a Matteoli per la gestione politica di un ministero che porti a risultati tecnici

Lodovico Festa

Una nuova infrastrutturazione dell'Italia è punto decisivo del programma berlusconiano. Anche a prescindere dagli effetti anticiclici, l'urgenza di dotarsi di reti moderne è evidente per un'economia così diffusa che può essere facilmente resa ancora più competitiva se i collegamenti delle merci e delle persone (ma anche con le fonti energetiche e con il sistema comunicativo) acquisiranno maggiore efficienza: anche perché l'attuale è spesso molto ma molto deficitaria. E' una partita quella delle reti che vede diversi ministri impegnati in prima linea. Per molti aspetti c'è Claudio Scajola. Ma il protagonista principale è Altiero Matteoli con la responsabilità delle scelte più visibili. Il neoministro alle Infrastrutture ha cominciato bene facendo una sorta di sintesi delle iniziative prese da Antonio Di Pietro (che in questo campo, dove ha speso la sua furba sapienza pratica e non la sua forcaiola visione ideale, non ha fatto male) e impegnandosi a sostenerle.

    Una nuova infrastrutturazione dell'Italia è punto decisivo del programma berlusconiano. Anche a prescindere dagli effetti anticiclici, l'urgenza di dotarsi di reti moderne è evidente per un'economia così diffusa che può essere facilmente resa ancora più competitiva se i collegamenti delle merci e delle persone (ma anche con le fonti energetiche e con il sistema comunicativo) acquisiranno maggiore efficienza: anche perché l'attuale è spesso molto ma molto deficitaria. E' una partita quella delle reti che vede diversi ministri impegnati in prima linea. Per molti aspetti c'è Claudio Scajola. Ma il protagonista principale è Altiero Matteoli con la responsabilità delle scelte più visibili. Il neoministro alle Infrastrutture ha cominciato bene facendo una sorta di sintesi delle iniziative prese da Antonio Di Pietro (che in questo campo, dove ha speso la sua furba sapienza pratica e non la sua forcaiola visione ideale, non ha fatto male) e impegnandosi a sostenerle. E' la scelta più giusta: evitare di ricominciare da zero e spingere ciò che è già impostato. Naturalmente c'è poi da rilanciare le scelte del centrodestra contrastate dal governo Prodi, con in testa il Ponte di Messina. Fin qui tutto bene: i problemi sono complessi ma la loro logica è semplice. Non sarebbe male se Matteoli sostenesse a fondo la battaglia di Giulio Tremonti perché l'Unione europea lanci un piano di bond comunitari a sostegno di investimenti in opere pubbliche. E' una proposta che è stata appoggiata anche da un articolo di Alberto Quadrio Curzio sul Sole 24 Ore, che può essere sostenuta dal neocommissario europeo Antonio Tajani, e che può vedere una certa mobilitazione della nostra (ma non solo nostra, anche francese e tedesca) cultura economica. E' la base necessaria per affrontare tutte le “opere” previste. Se no, a un certo punto, gli interventi strategici finiranno per scontrarsi gli uni contro gli altri e ci si troverà di fronte a drammatiche alternative: Ponte di Messina o sistema di interventi (autostrade e Tav) intorno al Corridoio europeo 5, quello che dovrebbe unire Lisbona a Kiev? Anche fin qui, i termini delle scelte e di come si deve impegnare la maggioranza di governo, sono abbastanza semplici. Anche se richiedono una battaglia culturale a loro sostegno: in un fondo sul Sole 24 Ore un professore bocconiano di valore, Roberto Perotti, ha sostenuto che tutte le grandi opere richiederebbero una più attenta valutazione costi-benefici. Secondo il bocconiano sarebbe molto più utile all'Italia sistemare lo scassato sistema ferroviario esistente che puntare sulla Tav, mettere mano a un razionale sistema di trasporti via mare piuttosto che fare il Ponte su Messina. La differenza tra gli economisti della Cattolica come Quadrio Curzio rispetto a quelli della Bocconi come Perotti è che i primi hanno una visione più storica e i secondi più ragionieristica. Non sarà certo un milanese di lunga adozione come me a disconoscere quanto bene abbiano fatto all'Italia i ragionieri, però, forse, pur senza trascurare in alcuna misura le variabili contabili, oggi è più il momento della storia, dei simboli, delle scelte che scuotono una società, di chi si lancia sulle ferrovie anche se nel medio periodo il trasporto in carrozza è più competitivo, che quello della pura compatibilità economica. Comunque è bene tenere presente come con le diffuse posizioni tipo Perotti, che circolano da Beppe Grillo alla Val di Susa, sia necessario confrontarsi. I limiti di Lunardi Detto tutto ciò, Matteoli deve bene interrogarsi sui limiti del suo pre-predecessore Pietro Lunardi, che pure è stato un ottimo tecnico e un ministro attivissimo. Il limite fondamentale è stata la politica e in questo senso perfino Di Pietro è stato più bravo di lui. La politica di infrastrutturazione dell'Italia richiede tanta politica: innanzi tutto nel rapporto con le regioni e gli enti locali (e anche direttamente con le comunità che poi impongono i comportamenti ai loro amministratori: vedi per esempio il caso Dal Molin a Vicenza), poi con i ceti medi e settori imprenditoriali (dagli autotrasportatori agli armatori), poi con la finanza e le imprese con cui definire le ipotesi di project financing. Matteoli come ministro dal 2001 al 2006 dell'Ambiente è stato assai più politico di Lunardi, anche se poi su alcune vicende – vedi inceneritori per i rifiuti – non sempre è riuscito a far tenere al centrodestra la barra dritta. Oggi, di fronte un compito così complesso, dovrà essere politico cento volte di più. E' evidente che una forte mobilitazione di risorse per modernizzare le reti italiane non si fa senza una dismissione cospicua del patrimonio “locale” (dalle municipalizzate alle autostrade impropriamente gestite da enti pubblici) ma questo obiettivo non si realizzerà se non si tratterà con cura e intelligenza con le realtà territoriali, se non si procederà sulla via che in parte è stata anche di Di Pietro, di regionalizzare tante delle opere pubbliche. Nella storia italiana ci si ricorda dell'autostrada detta Pi-Ru-Bi che dal Trentino doveva collegare tutto il Veneto, un progetto lungimirante che venne con un po' di sarcasmo definito con l'acronimo dei tre Dc di grande peso che lo sponsorizzavano (Piccoli, Rumor e Bisaglia). Di ben altro livello fu l'autostrada che collegava Novara a Gattico città natale dell'allora ministro dei Lavori pubblici, Franco Nicolazzi. Oggi Matteoli dovrà impostare il lavoro, sapendo che le Pirubi e le Gattico-Novara saranno in gran parte di competenza di regioni ed enti locali. La legittima ricerca di gloria (e influenza) dovrà essere rivolta essenzialmente alle opere nazionali.