Anteprima del Foglio del 30 aprile

Alemanno votato dal ghetto

Giulio Meotti

Nella comunità ebraica che si stabilì lungo le rive del Tevere, la più antica di Europa, il neosindaco Gianni Alemanno è avvertito soprattutto come uomo d'ordine. Nel “serraglio dei giudii”, il ghetto di Roma, “il recinto di strade assai meschino, ch'è ombroso e renne ancor malinconia” come cantava Meo Patacca, si respira da tempo un'aria di cambiamento.

    Roma. Nella comunità ebraica che si stabilì lungo le rive del Tevere, la più antica di Europa, il neosindaco Gianni Alemanno è avvertito soprattutto come uomo d'ordine. Nel “serraglio dei giudii”, il ghetto di Roma, “il recinto di strade assai meschino, ch'è ombroso e renne ancor malinconia” come cantava Meo Patacca, si respira da tempo un'aria di cambiamento. Sicurezza, degrado urbano, insofferenza per il governo uscente sulla politica estera filoaraba, il solido rapporto della destra finiana con Israele, numerosi sono stati i motivi che hanno spinto gli ebrei romani a votare Alemanno. Di mille deportati dal ghetto, da Auschwitz ne tornarono in tutto quindici tra i quali una sola donna e nessun bambino. Ma il retroterra missino, “subumano” secondo una corsivista del Manifesto, non è stato una discriminante contro Alemanno. “Lo abbiamo votato per la Roma sporca, menefreghista, sudicia e per la sicurezza” ci dicono da Spizzichino, il famoso negozio di merceria. “A parole sono tutti bravi, ora si vedrà come agiranno. Noi non dimenticheremo mai, ma sono passati sessant'anni e magari è un'altra destra. Serviva un cambiamento”. Secondo Edith Arbib, esponente di spicco della comunità, “il supporto e l'amicizia verso Israele dimostrati più volte da Alemanno ci portano a manifestargli la nostra stima. Ricordiamo suoi incontri con il Movimento dei Kibbutzim”. Giuliana, che vende oggetti di judaica, ora si aspetta dei fatti. “Qui non si vive più, è degrado generale. Al nord fanno le ronde? Bene, non sarebbe male se ci fossero anche qui. A Sant'Ambrogio, qui vicino, c'è un centro sociale, il venerdì e il sabato è un dramma, ci hanno invaso, fino alle quattro di notte bevono e si drogano. Veltroni ha messo una discoteca dove si radunano i peggio della terra. E' la rovina delle strade, uno schifo. Io quindi guardo oltre, altro che pregiudiziale fascista”. Una splendida signora anziana alza il pollice, “non voglio promesse, ma che vadano avanti i più bravi”. Per molti il ricordo delle Fosse Ardeatine è ancora ingombrante: “Chieda chi hanno votato i morti?” sbraita un anziano negoziante. “Lo chieda ai cattolici uccisi in quella catacomba ebraica”. Di gesti di empatia verso la comunità ebraica Gianni Alemanno ne ha compiuti molti in queste settimane. “Credo che sia giusto dotare la comunità ebraica di Ostia, una delle più popolose d'Italia, di una sinagoga” ha detto a ridosso del ballottaggio. Un impegno che affiancherà a quelli già assunti in collaborazione con la comunità ebraica di Roma, come portare a termine il museo della Shoah, la riqualificazione del ghetto e la ricerca di uno spazio per un nuovo cimitero. “In passato ci siamo espressi soltanto quando c'era un'evidente ostilità verso l'ebraismo” ci spiega Riccardo Pacifici, presidente della comunità ebraica di Roma. Come nel caso di Storace, “perché ha costruito la scissione nel non prendere le distanze dal fascismo. Abbiamo avuto un grande rapporto con Veltroni e poi con Rutelli, che sono molto diversi dal pensiero di D'Alema su Israele. E forse quello che ha premiato Alemanno è stato più un voto contro D'Alema che a suo favore. Abbiamo molto valutato il movimento dentro Alleanza nazionale, penso al gesto di Gianfranco Fini al memoriale israeliano dello Yad Vashem”.
    Alemanno non si è mai dissociato da Fini, a differenza di Storace. “Alleanza nazionale è confluita in un grande partito che non ha alcun complesso nostalgico, ma che anzi è evidentemente antifascista. Nelle formazioni giovanili ci sono atteggiamenti ancora sbagliati, ma dobbiamo essere felici che ci sia una destra occidentale e conservatrice come nel resto d'Europa. Non mi sfuggiva che l'elettorato ebraico si fosse spostato verso il centrodestra, lo ha fatto chi ha avuto vittime nella Shoah e non dobbiamo mai rimproverare loro una simile scelta. E poi non viviamo solo di ricordo, vogliamo dare garanzie ai nostri figli, agli ebrei vivi”.
    Alexandra ha una gioielleria. “Sono felice del risultato, meno male. Lo abbiamo votato per i pochi soldi, contro chi governava e per la sicurezza. E poi l'appoggio di Berlusconi era una garanzia per la comunità ebraica. Bisogna viverci qui per capire”. Liana Dellarocca nel ghetto ha un negozio di abbigliamento da più di mezzo secolo. “Se anche noi di origine ebraica abbiamo votato Alemanno, significa che la sinistra ci ha proprio deluso” racconta parlando di un familiare ridotto in cenere a Birkenau. “Si cerca di ricredersi sul passato delle persone. Siamo italiani di religione ebraica e per me è stata una scelta difficile, la sinistra non mi piaceva come pensa e a mali estremi estremi rimedi. Io ho pur sempre perso un nonno ad Auschwitz”.

    • Giulio Meotti
    • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.