Il Re Sole ricomincia da tre

Il lieto fine di Silvio Berlusconi

Alessandro Giuli

Buona la quinta, anzi ottima. Anzi a valanga. Per essere l'ultima prestazione elettorale di Silvio Berlusconi, quella di ieri rischia passare alla storia come la più bella. E' quel che si dice un lieto fine ma c'è da immaginare che sarà una letizia durevole. I numeri dicono che il Cav. a vocazione maggioritaria vince con tranquillità e lo fa senza l'Udc, senza la Destra sfuggita dal seno di An, soprattutto contro un Partito democratico che rimane inchiodato al di sotto del 35 per cento.

    Buona la quinta, anzi ottima. Anzi a valanga. Per essere l'ultima prestazione elettorale di Silvio Berlusconi, quella di ieri rischia passare alla storia come la più bella. E' quel che si dice un lieto fine ma c'è da immaginare che sarà una letizia durevole. I numeri dicono che il Cav. a vocazione maggioritaria vince con tranquillità e lo fa senza l'Udc, senza la Destra sfuggita dal seno di An, soprattutto contro un Partito democratico che rimane inchiodato al di sotto del 35 per cento. Se non ci saranno capovolgimenti dell'ultimo minuto, la distribuzione dei seggi in Senato potrà garantire al centrodestra la governabilità che non fu concessa a Romano Prodi due anni fa. E alla Camera proprio non c'è storia. Certo brilla in modo particolare la Lega di Umberto Bossi, ma il Pdl si dimostra un'invenzione trionfale. E' il successo politico di un partito nuovo posto al centro di una coalizione omogenea su base regionalistica – Carroccio al nord, Mpa di Raffaele Lombardo al sud – ma più di ogni altra cosa è l'affermazione da urlo del suo demiurgo: il Cav. Meglio del 1994 e del 2001, quando il Polo ha vinto (nell'ultimo caso premiato da una legge migliore); figurarsi rispetto all'infausto 1996 e al pazzotico 2006.
    Dunque Berlusconi tornerà a Palazzo Chigi per la terza volta, ma in questa circostanza il ritorno vale il doppio. Vale come il frutto ostinato di un grande azzardo, come il premio per avere scommesso sull'abbandono di Pier Ferdinando Casini dell'Udc (già molto collaborativo) a beneficio delle mani libere per governare. Ha pagato il coraggio e alla fine il risultato sembra dare ragione anche alla più inedita campagna elettorale messa su da Berlusconi. Quell'impasto un po' schizoide di senso comune e senso dello stato, quel suo modo roco di offrirsi al mercato del voto con l'animo pensoso da uomo delle istituzioni preoccupato dalla crisi. E senza mai rinunciare alla faccia bronzea di chi, nel momento stesso in cui sta rivoluzionando il sistema politico nazionale insieme con Walter Veltroni, mobilita l'elettorato di centrodestra attraverso la chiamata all'anticomunismo. Al punto che il Pd ha vampirizzato la Sinistra Arcobaleno ma non ha tolto neppure un grammo di consenso moderato al Pdl. Se la vigilia del voto era stata accompagnata dal coro monocorde che segnalava una grande assenza nel lessico berlusconiano, l'assenza del miracolo italiano e del sogno lucido che non poteva essere rappresentato dalla promessa di abolire il bollo per le auto, adesso bisognerà aggiornare le categorie di lettura. Bisognerà ammettere che l'homo faber di Arcore ha ottenuto un'investitura meritata e pesantissima: è riuscito lì dove il pescatore di sogni, Veltroni, dimostra d'aver bucato la prima e pare intenzionato a non perdere tempo. Con l'orgoglio commosso del tre volte vincitore e la volontà di restare “aperti verso l'opposizione” per “accettare il loro voto sulle nostre riforme”.

    E adesso che succederà? Succede che la Casa Rosada riapre coi fuochi d'artificio perché Berlusconi ha vinto anche su se stesso e questa forse era la sfida principale. Il Cav. ha trionfato sull'impressione della sua stanchezza, sul timore dell'appannamento sopraggiunto quando lo si era visto al Colosseo che chiudeva la campagna elettorale inciampando su Totti e Ronaldinho. Invece aveva ragione lui e lo certifica l'apoteosi personale di queste ore (pare). La telefonata di complimenti arrivata da Veltroni lascia immaginare che il capo del Pd non finga quando dice di voler aprire una stagione collaborativa e di riforme condivise. L'altra chiamata di congratulazioni reciproche tra Berlusconi e Fini esemplifica la solidità di un successo che nessuno ha voluto rivendicare ad An o a Forza Italia, perché tutti considerano come il migliore accompagnamento al primo congresso del Pdl. Quanto ai rapporti con la Lega, fa fede la buona accoglienza riservata dai berlusconiani al successo padano. Forse non si dovrà parlare di golden share come aveva fatto Veltroni alla vigilia del voto, però è chiaro Bossi ha ipotecato ieri una posizione di privilegio nel prossimo governo Berlusconi. Il capo leghista ha subito detto che il suo partito manterrà gli impegni presi con il Cav. In generale, come sottolineano i finiani, dalle urne viene una risposta maggioritaria compatta e decisamente “di destra”, se si tiene pure conto dei consensi ricevuti dal gruppo di Storace (che in ogni caso non entrerà in Parlamento). Berlusconi dovrà tenerne conto. Ma al momento è giusto che si goda il tripudio con i suoi amici e subalterni: “E' un momento storico, il momento più bello della mia vita. Una vittoria netta, una vittoria di squadra. Ma ora ci aspetta un periodo difficilissimo”. Vero. Il Cav. ha sofferto ancora una volta la malizia degli antipatizzanti e si è misurato con il tifo contrario dei giornali stranieri, sa che i pregiudizi e la severità sono destinati e perdurare. Nessuno potrà tuttavia negargli il riconoscimento sfuggito ieri sera al quotidiano belga Le Soir: “A quindici anni dalla sua comparsa, il fenomeno Berlusconi torna a dimostrare il suo radicamento nella politica e nella società italiane, malgrado la personalità controversa e l'età del suo leader, arrivato in testa alle legislative”. Parole di miele che risuonano però come il presagio di un lieto fine da coltivare giorno per giorno.