La vigilia della vigilia - Anticipazione del Foglio dell'11 aprile

Beata la campagna elettorale che non ha bisogno di eroi

Alessandro Giuli

Eroi che vengono, eroi che vanno. Ogni campagna elettorale ha i propri santini, in carne o in spirito, parlanti oppure muti. Da ultimo, adiuvante Marcello Dell'Utri, Silvio Berlusconi ha voluto l'eroizzazione dello stalliere Mangano, spirato a suo tempo in odore di santità mafiosa come una figura esemplare nel cammino delle persecuzioni giudiziarie.

    Eroi che vengono, eroi che vanno. Ogni campagna elettorale ha i propri santini, in carne o in spirito, parlanti oppure muti. Da ultimo, adiuvante Marcello Dell'Utri, Silvio Berlusconi ha voluto l'eroizzazione dello stalliere Mangano, spirato a suo tempo in odore di santità mafiosa come una figura esemplare nel cammino delle persecuzioni giudiziarie. E' ovviamente un eroismo della surrealtà, perciò tipicamente berlusconiano, ma si presta a rendere l'atmosfera dell'attuale girone politico. Il Cav. sta cambiando pantheon e nel nuovo sacello resistono soltanto gli eroi dell'antigiustizialismo, a cominciare da lui. Niente più ospitalità invece per Margaret Thathcer e Ronald Reagan, o per George W. Bush, niente più riferimenti ai Chicago boys e agli altri maestri cantori del capitalismo animale con il quale Berlusconi s'era manifestato quindici anni fa promettendo un miracolo italiano. Eroi caduti assieme all'illusione di tornare al governo con il vento della ricchezza nelle vele della libertà. Eroi soppiantati dal nazionalismo centralistico di Vladimir Putin – così opposto ma vicino all'operosità brianzola che alla lunga si è dimostrato più consentaneo allo spirito pratico berlusconiano – ovvero eroi sostituiti dalle figurine del democristianesimo concreto, paludato e terragno: meno don Sturzo e più Amintore Fanfani, il pio gnomo corporativista e dossettiano, il nazionalizzatore dell'energia, il capitello del pentapartito. Forse è lui l'ispiratore della metà berlusconiana che ultimamente si mette alla prova nella veste di statista. L'altra metà, quella che invoca gli esami psichiatrici per i pm e le dimissioni di Giorgio Napolitano, com'è noto, appartiene al dadaismo di Tristan Tzara: il vero dada è contro dada; il vero Cav. è l'anti Berlusconi. (continua sul Foglio quotidiano)