
Jonathan Pacifici, uno dei bambini feriti nell'attentato alla sinagoga, tra le braccia di una vigilessa (foto Ansa/Massimo Capodanno)
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L'antisionismo filosemita è una contraddizione in termini
Era chiaro già 43 anni fa, nel 1982, quando dopo le bombe lanciate da Al Fatah contro la sinagoga di Roma, che causarono la morte di un bambino, il Parlamento italiano ricevette con tutti gli onori Yasser Arafat
Nel 1982, 43 anni fa, comparvero sui muri di via Garfagnana, a Roma, scritte che dicevano: “Bruceremo i covi sionisti”. Negli stessi giorni, un corteo della potentissima Cgil, che si voleva allora cinghia di trasmissione del Partito comunista italiano, depose una bara sui gradini della sinagoga. Non si ricorda che il mondo progressista e pacifista italiano di allora, a proposito di album di famiglia, ex ’68 compreso, abbia protestato granché. Qualche mese dopo, era sempre il 1982, Al Fatah, lanciò bombe contro la sinagoga all’uscita dei riti del Sabato e del Bar Mitzvah per i ragazzini. Morì un bambino di due anni, Stefano Gaj Taché, suo fratello di quattro anni, Gadiel Gaj Taché, venne colpito alla testa e all’addome. La bara della Cgil svolse la sua funzione. All’estrema destra, ma poi non troppo estrema, si fecero cenni di assenso. Furono due gli uomini politici la cui solidarietà venne ritenuta sincera, Marco Pannella, radicale sul serio, e Giovanni Spadolini, debordante repubblicano.
Gli altri stavano ricevendo in Parlamento, e ovunque, e con tutti gli onori, Yasser Arafat, capo dell’Olp e degli attentatori della sinagoga, tecnicamente guidati da Abu Nidal. Tra loro, il presidente della Repubblica, il sindaco di Roma e il Papa di allora. Nessuno di essi partecipò ai funerali del piccolo Stefano. Bruno Zevi, ebreo e riconosciuto intellettuale di sinistra, 43 anni fa scrisse e disse dell’antisemitismo ormai diffuso, della fuga dello stato davanti alla protezione degli ebrei, del modo pomposo con cui i preti avevano accolto Arafat e dei media che, “salvo rare eccezioni, hanno distorto fatti e opinioni”, concludendo così: “L’antisemitismo non nasce nel 1948, con la nascita d’Israele, né crediamo all’antisionismo filosemita perché si tratta di una contraddizione in termini”. 43 anni fa. Quando Netanyahu era un perfetto sconosciuto e si osava sostenere tra gli ottimati, forse con qualche mondana leggerezza, che “uccidere un solo bambino è uccidere tutta l’umanità”. Sipario, risate.

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