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Vacanze romane

Malori smentiti, tavolate elettorali e cardinali che si isolano

Andrea Gagliarducci

Manca ormai poco, e sono solo quattro gli elettori non ancora giunti a Roma. Mentre alcuni cardinali festeggiavano la Giornata dei lavoratori fuori dalla Capitale, è circolata la voce (infondata) di un malore occorso al cardinale Parolin. Che dovrà affrontare critiche sull'accordo con la Cina e l'onnipresente questione degli abusi. La sua candidatura appare, in ogni caso, fortissima

Anche i cardinali hanno festeggiato la Giornata dei lavoratori. Alcuni sono andati persino fuori Roma per evitare contatti e pensare, e infatti c’erano solo una sessantina di cardinali al novendiale celebrato dal cardinale Víctor Manuel Fernández, l’amico e ghostwriter di Papa Francesco. E’ comprensibile. Mentre si avvicina il tempo del Conclave, le pressioni aumentano. E’ cominciata la stagione dei veleni.

Era persino circolata voce di un malore occorso al cardinale Pietro Parolin, segretario di stato uscente, e tra i più attivi nella transizione dopo Francesco – ha celebrato il primo novendiale, ha persino avuto un bilaterale piuttosto irrituale con Zelensky dopo il funerale sebbene non sia più segretario di stato perché alla morte del Papa tutti gli incarichi decadono. Al di là di queste scelte strategicamente borderline, però, Parolin è comunque un candidato forte. Ma non è mai stato male, non è stato ricoverato, non ha avuto bisogno dell’intervento dei medici. 

Ed è il grande tema delle influenze, interne ed esterne, sul Conclave. Tutti hanno i loro preferiti. Trump addirittura voterebbe se stesso, sebbene poi faccia sapere che c’è anche qualche buon cardinale americano. Macron si dice che faccia il tifo per Aveline o comunque un francese. Ci sono gruppi di lobbysti che, in maniera discreta, lanciano campagne stampa in favore di questo o di quel candidato – e uno di quelli gettonati all’estero è Robert Sarah, campione dei conservatori. 

Ma tutto questo lascia il tempo che trova. Più che dalle voci sulla sua presunta malattia, Parolin dovrà affrontare nei prossimi giorni le critiche sull’accordo con la Cina, mentre Pechino ha reso nota in sede vacante la nomina di altri due vescovi. E poi, ci sarà da affrontare l’onnipresente questione degli abusi, ma lì Parolin dovrebbe essere coperto, perché ha appoggiato i provvedimenti del Papa e il rapporto McCarrick. Oppure, potrebbe essere attaccato proprio per quello. 

Di fatto, però, tutta questa attenzione su Parolin sembra indebolirne la candidatura, che comunque appare fortissima. I cardinali cercano di non uscire allo scoperto. “Ho chiuso il rubinetto. Parlerò dopo l’elezione”, dice un porporato. E se fosse lui il prescelto? 

Intanto, sono solo quattro i cardinali elettori non ancora arrivati a Roma. Non sempre si incontrano in gruppi, non c’è, in questi giorni, il grande rito delle cene elettorali – anche se si parla di una di appoggio al cardinale Tolentino de Mendonça, il poeta a capo della Cultura, cui avrebbero partecipato circa diciotto berrette rosse. Più che parlare tra loro, però, i cardinali più giovani sentono la pressione, cercano di isolarsi, vogliono capire da che parte andare. E’ comprensibile. E certo è che molta della responsabilità del conclave cadrà sui pochi cardinali creati da Giovanni Paolo II, tutti ormai al terzo Conclave. Saranno loro in grado di convogliare gli umori della Sistina?