una fogliata di libri
La frontiera
La recensione del libro di Franco Vegliani, Abbot, 248 pp., 15 euro
Meritevole la scelta di Abbot di ripubblicare questo attualissimo romanzo di Franco Vegliani (1915-1982), uscito nel 1964 e ristampato nel 1988 e nel 1996 (anno del film di Franco Giraldi con Raul Bova e Giancarlo Giannini). Si tratta infatti di una storia di valore universale, incentrata sull’idea di frontiera come barriera culturale e sulla questione dell’appartenenza. Vegliani stesso era nato a Trieste da padre dalmata e fu costretto a cambiare il cognome (Sincovich) negli anni Trenta per aderire ai dettami nazionalistici di Mussolini: ne scelse uno che richiamasse l’isola di Veglia (Krk) da cui era originario. Questa doppia identità, variabile a seconda delle dominazioni politiche, è un tratto del romanzo. Siamo infatti in un’isola non specificata della Dalmazia, nel 1941: l’esercito italiano l’ha occupata ma il protagonista, un ufficiale, non vi ha partecipato e si ritrova a passare del tempo sull’isola, dove ha trascorso le estati da ragazzo, in licenza. Non conosciamo i motivi della sua vacanza ma avvertiamo subito un tono inquieto nelle sue parole: come il protagonista della Conversazione in Sicilia di Vittorini, anch’egli è in preda ad astratti furori. Sull’isola frequenta Simeone, un mezzo parente, con il quale va a pesca: l’uomo anziano ha servito nell’amministrazione austro-ungarica pur essendo slavo, presentandogli così un modo diverso dal suo di fare i conti con l’appartenenza a un governo che non parla la lingua di casa. Simeone parla al protagonista di un suo nipote, Emidio Orlich, morto durante la Prima guerra mondiale in un modo, stando al vecchio, del tutto evitabile: soprattutto, per Simeone anche il protagonista rischia di fare una fine simile. Incuriosito e offeso da tale nefasto presagio, il protagonista accetta l’invito di Simeone: ogni sera si ritrovano insieme a indagare tra le reliquie di Emidio, lettere e foto di guerra, mentre il vecchio ragguaglia il protagonista sulla storia del nipote, alfiere nell’esercito austro-ungarico durante il conflitto mondiale. Le somiglianze ci sono – entrambi soldati, giovani, idealisti – ma il protagonista saprà trarre dalla storia di Emidio, che maturando sentimenti italiani nella dissoluzione dell’impero multietnico degli Asburgo compì un atto di profondo coraggio, conclusioni ben diverse da quelle del suo predecessore. Il libro si chiude con l’ennesima, amara constatazione che per chi vive su una frontiera la vita è sempre complicata: c’è una guerra e il protagonista, da soldato, viene richiamato al suo dovere. Al contrario, Simeone è costretto a scontare sulla sua pelle il tentativo di fare da ponte tra chi – pur diviso dai confini imposti arbitrariamente dagli uomini – dentro di sé si riconosce in un’unica identica lingua e cultura.
Una fogliata di libri
Ceffoni “stimolanti”? Anche no, grazie. Lettera da uno shampoo
UNA FOGLIATA DI LIBRI