una fogliata di libri

Cavallo Pazzo

Giulio Silvano

La recensione del libro di Larry McMurtry edito da Einaudi, 144 pp., 17 euro

Quando Larry McMurtry si presentò per ricevere l’Oscar – in stivali da cowboy – decantò l’importanza dei libri. Quando ricevette un Golden Globe celebrò la sua macchina da scrivere. Trovava però anche occasione nei memoir e nelle interviste di ricordare di essere cresciuto in una casa senza libri, perché ci si sedeva tutti fuori sul portico, in Texas, o intorno al fuoco, e i grandi raccontavano storie. Oltre all’amore per il West e per la frontiera a cui ha dedicato tanti titoli, è questo scarto tra oralità e materialità – McMurtry era un bibliofilo e accumulatore di volumi ossessivo, oltre che libraio – l’elemento in cui possiamo inquadrare il suo "Cavallo Pazzo", uscito nel 1999 (qui tradotto da G. Bona). Quando gli chiesero di scrivere un libro su Custer, lui scrisse invece questa breve biografia del lakota, abile ladro di cavalli, che si guadagnò il suo nuovo nome a circa sedici anni, in una razzia contro gli Arapaho, conquistandosi “fra la sua gente la reputazione che lo avrebbe accompagnato fino alla battaglia di Little Big Horn”. Nello scrivere la biografia McMurtry ricorda una cosa: “Le informazioni verificabili su Alessandro Magno, un altro giovane guerriero che visse più di duemila anni prima di Cavallo Pazzo, e la cui esistenza è pure incrostata di leggenda, sono più numerose di quelle che possediamo su ‘questo strano uomo degli Oglaga’”. La sua tribù non aveva alcun interesse per le date, e infatti anche l’età precisa di Cavallo Pazzo non la conosciamo; sappiamo solo quando morì, nel 1877, e come, anche se lì ognuno racconta una versione diversa. Per il resto però dobbiamo fidarci del passaparola, prendendo a nostro piacimento quello che ci piace dalla leggenda, in momenti di lotta e dialogo che sembrano appartenere alla tragedia di Eschilo o di Shakespeare per cercare di costruire il ritratto di “un guerriero risoluto, uno dei grandi resistenti, uomini che non scendono a compromessi, non negoziano, non amministrano, che vivono in un regno al di là del do ut des della politica convenzionale”.

 

Il Cavallo Pazzo di McMurtry è sicuramente il primo titolo da leggere per chi non conosce nulla di quell’Ottocento americano di pianure, battaglie, scalpi, sogni degli antenati, tifo, bisonti e militari con “gli occhi turchini e giacca uguale”, per citare De André. Anche perché McMurtry non trattiene il fascino che trova per il guerriero lakota, così avvolto da mistero che diventa mito. Il tono non è diverso da quello che potrebbe usare un europeo per raccontare delle gesta di un eroe dell’Attica o di un titano che ruba il fuoco. Curioso che su questa edizione Einaudi in copertina ci sia un folto copricapo da cerimonia dei Sioux, dato che lui, Cavallo Pazzo, al massimo si metteva giusto una piuma tra i capelli, e si copriva di polvere prima della battaglia.

    

Larry McMurtry
Cavallo Pazzo
Einaudi, 144 pp., 17 euro

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