una fogliata di libri
La terra del dolce domani
La recensione del libro di Harper Lee, Feltrinelli, 192 pp., 17 euro
Con questo libro pubblicato postumo in contemporanea mondiale da Feltrinelli, Harper Lee è tornata a sorprenderci, regalandoci una raccolta composta da otto racconti e altrettanti saggi inediti provenienti dai suoi archivi che ne restituiscono un’immagine sospesa tra giovinezza letteraria e maturità morale. Non è un ritorno dettato dalla nostalgia, ma una vertigine temporale, come se Lee avesse lasciato in sospeso alcune parole e solo oggi potessimo ascoltarle nella loro luce più obliqua. I racconti, scritti tra la fine degli anni ’50 e i primi ’60, rivelano una scrittura già nitida e controllata, capace di coniugare il realismo del sud americano con una tensione quasi metafisica. L’infanzia osservata con pietà ma senza sentimentalismo, la giustizia come misura dell’umano e la difficoltà di appartenere ne sono al centro, ma ciò che colpisce non è la coerenza dei motivi, ma l’inquietudine dell’autrice, tanto che ogni storia sembra interrogare la natura stessa del racconto aprendo varchi nella coscienza. I saggi, composti anni dopo, rivelano una Lee diversa, meno lirica e più ironica, consapevole del proprio mito e del proprio isolamento. Emerge una voce che riflette non solo sul mondo, ma sul linguaggio stesso della testimonianza. L’autrice sembra contraddire la leggenda della scrittrice schiva, restituendo il ritratto di una mente curiosa e critica, a tratti persino spietata. L’equilibrio tra le due sezioni produce una lettura sorprendentemente dinamica, un’opera compiuta nella sua frammentarietà in cui ogni frase contiene una pausa e un’eco morale. Il legame con Il buio oltre la siepe è evidente, ma mai vincolante, perché qui la scrittrice cerca l’ombra, il dettaglio e il dubbio. La traduzione di Mariagiulia Castagnone e l’introduzione di Casey Cep, biografa dell’autrice, accompagnano il lettore in un viaggio nella genesi di un talento e nella sua lunga resistenza. Leggere questi testi significa confrontarsi con una concezione di letteratura che privilegia la misura, l’ascolto e la lentezza. Lee scrive come chi conosce il valore del silenzio: non certo un vuoto, ma solo una condizione della verità. Ciò che ci consegna non è un libro, ma un esercizio su un tempo che separa la parola dalla sua risonanza, l’autrice dalla leggenda e il lettore dalla capacità di accogliere la complessità del reale. Nei racconti e nei saggi si avverte la misura dei grandi silenzi civili, dove la lingua non pretende di spiegare, ma solo di offrire una presenza più esatta come nei classici americani da Melville a Faulkner. La terra del dolce domani non chiude un percorso, ma lo sospende con la precisione implacabile di chi sa che l’intelligenza di una parola si misura tanto nel silenzio che la circonda quanto nella sua articolazione.
La terra del dolce domani
Harper Lee
Feltrinelli, 192 pp., 17 euro
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