una fogliata di libri

La memoria del giglio

Michele Magno

La recensione del libro di Alessandra Libutti, Rizzoli, 390 pp., 19 euro

Diceva Bertrand Russell che ci sono due motivi per leggere un bel libro: il primo è che puoi godertelo; l’altro è che puoi vantarti di averlo letto. Un adagio, quello del grande logico britannico, che calza a pennello per il secondo romanzo di Alessandra Libutti. Il primo, Thomas Jay (Fazi, 2012), affrontava il problema della maternità: l’odissea del protagonista inizia quando viene fatto arrestare dalla madre. La memoria del giglio è un viaggio a ritroso nel tempo, che parte dalla maternità della trisnonna dell’autrice per scavare i legami che hanno segnato profondamente le donne della sua famiglia: rapporti corrosivi, infelici, intrisi di amore ossessivo e di sensi di colpa irrisolti. 

  
Una saga familiare, quindi, che attraversa ottant’anni di storia italiana. Comincia a Volterra, nel 1872. Le nozze del conte Lodovico sono un trauma per i Ruggieri Buzzaglia. La sposa, Adele, è infatti una ragazza di umili origini. Ma con i suoi modi schietti e decisi riesce a imporsi in un casato della nobiltà di provincia sulla via del declino. Da qui si snoda il groviglio sentimentale che affligge i personaggi del romanzo fino a minarne l’equilibrio psichico. Il nucleo domestico è oggetto di sentimenti ambivalenti: dove l’amore e l’odio, la ripulsa e il desiderio, la colpa e l’innocenza, si intrecciano. L’orgoglio ostinato o la vergogna colpevole delle proprie origini si innestano su un legame originario irriducibile, caratterizzato tanto dall’affetto quanto dall’astio. L’epopea dei Ruggieri Buzzaglia è il ritratto di quattro generazioni di figure femminili – la genealogia dell’autrice – capaci di forgiare il proprio destino con il metallo della tenacia e della ribellione alla tirannia di ambienti opprimenti.

  
La saga familiare è un genere letterario in cui si alternano diversi piani narrativi: quello dell’introspezione psicologica dei personaggi e quello del contesto storico, sociale e geografico in cui si svolgono gli eventi. Nella Memoria del giglio entrambi i piani si muovono insieme. Nella cornice dell’Italia garibaldina, giolittiana e fascista, della tragedia di due conflitti mondiali, dell’avvento della Repubblica scorre un racconto, che coinvolge il  lettore con dialoghi serrati e una prosa asciutta, delle scelte, delle ambizioni, dei tormenti delle protagoniste. 

 
In fondo, come confessa Libutti, il suo romanzo è un tentativo di “trasformare un’eredità di dolore in un atto di liberazione”. Un tentativo pienamente riuscito. Un messaggio di solidarietà con quelle donne che continuano a protestare, a essere irriverenti e a disobbedire, pur nella sofferenza e nell’umiliazione.
     
La memoria del giglio
Alessandra Libutti
Rizzoli, 390 pp., 19 euro

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