Una fogliata di libri

La tigre viziosa

Matteo Moca

La recensione del libro di Sergio Antonielli edito da Palingenia, 192 pp., 26 euro

È bene sgombrare il campo da dubbi sin da subito: "La tigre viziosa" di Sergio Antonielli è un libro che ha il passo del capolavoro. Amato da Elio Vittorini (che lo pubblicò nei “Gettoni” Einaudi nel 1954 e che lo definì “un bellissimo racconto”), Eugenio Montale (“un tour de force di abilità e di fantasia pura”) e Italo Calvino (che in una lettera ad Antonielli ne parla con grande entusiasmo come di una “lieta sorpresa”, “piena d’intelligenza, scritta con limpidezza”), questo tesoro nascosto della letteratura del Novecento riemerge dall’oblio grazie all’attenta e raffinata casa editrice veneziana Palingenia con la cura di Alberto Cadioli che scrive un saggio che mette in luce i caratteri  innovativi del romanzo, i temi principali che lo abitano e la sua contemporaneità. In effetti già lo scheletro della storia, le vicende di una tigre che comincia, quasi per caso, a mangiare gli esseri umani e, dopo un primo disgusto, comincia a provare un’attrazione irresistibile per questo nuovo cibo, chiama in causa un tema, quello del rapporto tra animali e uomini, che oggi fa bella mostra di sé in saggi e romanzi, ma che nelle pagine di Antonielli viene analizzato nei suoi significati più profondi e non utilizzato come un semplice grimaldello per far avanzare la storia. Sospeso infatti tra il racconto filosofico, inquietudini illuministe e romanzo psicologico, La tigre viziosa non è un semplice tentativo di antropomorfizzazione dell’animale (come spesso accade anche in molta pigra narrativa contemporanea), ma è un esercizio ben più complesso, una sorta di parabola che riflette in maniera simbolica sull’azione umana, su ciò che guida scelte e azioni, sul male e sull’inarrestabile spinta nel compierlo. Perché se l’origine dell’immaginario della tigre è legato al periodo di prigionia dell’autore in India durante la guerra (raccontato nella particolare cronaca de Il campo 29 e a cui si deve anche l’afflato kiplinghiano di certe pagine), l’immagine della tigre che incontra il male e si interroga sulle sue forme è il distillato dell’esperienza stessa della guerra, del momento in cui, grazie alla tragica sospensione di ogni garanzia, tutto può essere fatto. E se quindi la tigre, dopo l’abitudine presa di mangiare gli uomini, cambia pian piano la sua natura fino al tragico finale, viene da chiedersi invece quanto della bestia abita l’uomo e quanto questa parte radicale possa essere contrastata. Osservando il mondo di oggi, e dando quindi ragione a Antonielli, molto poco. Ma un romanzo come questo offre (anche) gli strumenti per vedere con occhio diverso quello stesso mondo.

    

Sergio Antonielli
La tigre viziosa
Palingenia, 192 pp., 26 euro

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