(Ansa)

Una fogliata di libri

Ascoltare il gemere delle antiche ossa. Lettera da una perturbazione

Marina Corradi

La mattina striscio per casa, pressione massima a cento. Dallo specchio del bagno un fantasma pallido mi fissa attonito. E' Milano, è Milano, inveisco, questa città mi uccide

Ero tornata dal mare come nuova. Davvero in forma. Agile sul pavimento a rincorrere il nipote di otto mesi, che gattona. Poi, in una notte di insonnia un crollo: emicrania, dolori brucianti alle ossa, a tutte. Quante ossa abbiamo, chiedo all’intelligenza artificiale a bassa voce, per non svegliare il marito. “206”, risponde. Caspita. Acciuffo dal comodino un antidolorifico, mentre il gatto capobranco mi si accuccia pensoso sul petto: lui ha capito. Un virus, ho preso un virus, gemo. La mattina striscio per casa, pressione massima a cento. Dallo specchio del bagno un fantasma pallido mi fissa attonito. E’ Milano, è Milano, inveisco, questa città mi uccide.

 

Ma a tarda sera, di colpo, come si aprisse una cataratta dal cielo: un diluvio. Capisco allora: ventiquattro ore prima, le mie ossa sapevano. Una sensibilità utile ai tempi delle caverne, quando i vecchi avvertivano la tribù: non andate a caccia, domani. Oggi però il meteoropatico è socialmente inutile, e di peso alle Asl. Oggi, poi, c’è il meteo. (Del resto avevano annunciato un ciclone, ma lo dicono spesso e poi alla fine fa due gocce, e io non ci bado più). Ascoltavo quindi nella notte l’acqua che scrosciava in cortile come da una falla in una diga. Immaginavo le guglie del Duomo sferzate dalle raffiche. E i semafori lampeggianti luce arancio nel buio, e l’asfalto come uno specchio, e le onde da aliscafo alzate dalle auto in corsa verso le autostrade. Immaginavo tombini esondanti, e verso la Martesana pantegane in libera uscita, e il Seveso gonfio, voglioso di tracimare. La prossima volta, comunque, ricordarsi: se fanno male tutte le ossa, viene a piovere. Come sapeva bene la vecchia padrona di casa in montagna, quando ero bambina. Il sole scottava ma lei annunciava: fa brutto, domani. E i figli correvano a raccogliere il fieno dei campi. La notte, puntuale, tuonava un temporale.

 

Io credevo che la padrona fosse una strega. Invece semplicemente era vecchia, come io sto diventando ora. E dava retta al gemere delle sue antiche ossa, e non sbagliava mai.

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