
Una fogliata di libri
Storia dei miei peli
La recensione del libro di Lavinia Mannelli edito da 66thand2nd, 288 pp., 18 euro
Lavinia Mannelli ha tutte le ragioni per essere incazzata: sta facendo un dottorato senza borsa di studio a Pisa; vive con la madre – appassionata di nudismo e ritiri a Pomaia – in un bilocale a Pistoia, e le sue amiche si dimenticano di mandare la pec per partecipare al bando per un orto pubblico. Lavinia era sicura che quell’orto, e il finanziamento per realizzarlo, le avrebbero cambiato la vita – le amiche però hanno la borsa di studio di 1.100€ al mese, gli auricolari che cancellano il rumore e i soldi per comprare i libri su Amazon. Si possono permettere di “non combinare niente”. Alla protagonista – eco-trans-femminista radicale antispecista – non resta che continuare a lavorare alla tesi sulle personagge femminili scritte da autori maschi della Resistenza, e mandare alle amiche gif passivo-aggressive con la faccia di Jessica Fletcher. Se sarà fortunata troverà un posto in “qualche centro studi estero con i fondi europei per una ricerca sulla sifilide di qualche autrice secondaria del primo Novecento”, le ha predetto una volta il barone del dipartimento.
Quando Daniel85 le propone di pagarla per inviargli i suoi peli, Lavinia comincia a intrattenere il pensiero quasi con la stessa ossessione di Daniel85. Mentre lui redige accurati grafici di gradimento della diversa peluria corporea, lei fa il calcolo mentale delle cose che le servirebbero, a partire dalla stanza a trecento euro al mese nella casa dell’amico nobile, in cui c’è giusto bisogno di areare tutte le camere ogni giorno.
Storia dei miei peli (66thand2nd) fa una satira dell’università italiana – sia al suo maschilismo, contando i professori emeriti e le professoresse, raccontando con ironia e rabbia le disparità, piccole angherie, sia al suo provincialismo, per cui “le femministe stesse, le poche che resistono in accademia, ritengono che potrebbe essere a sua volta discriminatorio organizzare convegni sulla letteratura femminile”. In questo ricorda Lucky Jim (Neri Pozza), un romanzo del 1954 di Kingsley Amis, padre di Martin, che infatti lo iniziò a scrivere a ventotto anni, una satira sulla follia della vita accademica. Anche qui la satira è calata nel racconto di una vita di una trentenne e quello che le gira attorno. L’idea del feticista di Onlyfans è ben sviluppata attraverso il dialogo via chat, divertente e naturale. E’ raro leggere di vicende e mondi realmente contemporanei, urbani, lavorativi. Mannelli, dopo l’esordio L’amore è un atto senza importanza (2023), risulta anche in questo caso una convincente voce del contemporaneo.
Lavinia Mannelli
Storia dei miei peli
66thand2nd, 288 pp., 18 euro