
Kala
La recensione del libro di Colin Walsh, Fazi, 456 pp., 19 euro
Ce ne stiamo appollaiati sulle bici in cima alla collina. Sopra di noi si sta sciogliendo il cielo. Di sotto, la città scintilla. Abbiamo quindici anni ed è l’estate più bella della nostra vita. Kinlough è una cittadina irlandese che affaccia sul mare. In un’estate caldissima tre ragazzi – Aidan, Joe e Mush – e tre ragazze – Kala, Aoife e Helen – si sfidano a scendere una discesa in biciletta senza pedali. Per prima si propone Kala, giovane volitiva, senza paura e audacemente libera. All’inizio dell’autunno però, la ragazza scompare senza lasciare traccia. Quindici anni più tardi tre amici di quel gruppo si ritrovano in città. Ciascuno aveva preso la propria strada e non si erano più incontrati, vivendo nel ricordo di un’estate infinita punteggiata da un doloroso mistero. In un bosco dove un tempo c’era la casa della nonna di Kala, vengono ritrovati i resti della giovane e spariscono altre due donne. In un’oscillazione tra passato e presente, la vicenda di Kala (protagonista, anche in assenza) si snoda con il passo del thriller letterario, smontando passo passo le convinzioni dell’oggi e il ricordo di quello che è stato. L’adolescenza è ritratta come un periodo di speranze e luci ma anche fatto di ombre e di un clima oppressivo, pieno di insidie e segreti che erodono dall’interno. C’è anche molto silenzio, paradossalmente. Silenzio nella vita degli adolescenti, silenzio nelle esistenze degli adulti che si ritrovano e silenzio nel luogo in cui sono, dove una natura fatta di scogliere coperte d’erba e a picco sul mare suggeriscono un clima netto e aspro. Il mistero sulla morte di Kala e sulle varie sparizioni procede solido, con tante svolte narrative efficaci e la capacità – da parte di un autore esordiente – di restituire personaggi vividi e cangianti. La memoria ha un ruolo decisivo, come qualcosa che affiora a volte come un ricordo bruciante, altre come un elemento flebile e delicato. Ma non sparisce mai del tutto, rimane una presenza con cui fare i conti (a volte, anche nella propria drammaticità). Una tensione interna tiene insieme il racconto, fino allo svelamento finale e con un passo narrativo convincente e incalzante. Walsh è solo l’ultimo di una generazione di autori irlandesi capaci di raccontare – dentro e fuori il genere – storie radicate nella loro terra ma che hanno le gambe per poter viaggiare. Anche la vicenda di Kala ha questa prerogativa: tenere insieme il particolare e l’universale. “Bisogna essere forti per aprirsi alla vita, alla speranza che le cose cambino in meglio”.

una fogliata di libri
Storia delle idee politiche e sociali


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