
una fogliata di libri
Vite nell'oro e nel blu
La recensione del libro di Andrea Pomella edito da Einaudi, 384 pp., 21 euro
Andrea Pomella con "Le vite nell’oro e nel blu" sfida le possibilità della forma romanzo e plasma un mondo – quello che ha accolto l’arte di Mario Schifano, Franco Angeli, Francesco Lo Savio e Tano Festa – così vicino e insieme sideralmente lontano, terminato definitivamente, che eppure appartiene anche a chi di loro nulla sa di preciso e non immagina la potenza del loro vissuto. Chi erano costoro? “Schifano […] l’istinto. Angeli la lotta. Lo Savio il pensiero. Tano Festa […] la contemplazione”. Hanno dominato la scena artistica italiana fin dalla giovinezza negli anni Sessanta, al tavolino del caffè Rosati di Roma, piegati sulle tele, abbracciati alle donne, avvinti dalla droga, reduci dalle feste e dal carcere, lucidi e insieme folli, abbacinati dalla potenza della vita e sempre in bilico sul precipizio della morte in un modo che ora ci risulta forse quasi incomprensibile. “Un uomo felice è solo un uomo molto impegnato, o solo un uomo in perpetuo movimento, o solo un uomo con molte camere a disposizione” è il pensiero che Pomella mette nel cuore di Francesco Lo Savio a Marsiglia, poco prima di suicidarsi a soli ventott’anni, all’inizio del libro. Lo scrittore spinge chi legge nelle spire della vitalità che sgorga dalla verve creativa e di contro lo scaraventa nel baratro dell’ossessione che non trova pace. Che sia proprio questo l’arte? Che si manifesti in queste forme il genio? Perché l’estro non può incanalarsi se non in una vita (quattro vite) che fanno dell’estremo la regola?
Pomella ricostruisce fatti, inanella processi (il)logici, intesse i fili dell’amore e del disamore, del possesso, del legame apparente tra ricerca di senso e modo di viverla, questa vita, che ciascuno di loro ha nel dare forma all’identità, ossia attraverso quell’arte che, per chi davvero la fa o la possiede senza merito alcuno, non ha fronzoli né premesse: è primitiva, impellente, ovvia e necessaria, così come lo è mangiare, respirare, amare, guadagnare, desiderare, fare l’amore. “Festa, Angeli, Schifano. Per anni li hanno citati insieme, come una cantilena. Erano quelli di Rosati, i pittori popolari, nella duplice accezione: famosi e al contempo figli del popolo. Non dominavano solo la scena dell’arte, ma anche quella della mondanità, erano i pittori comunisti che folleggiavano con le principesse, bocconi succulenti per paparazzi, giornalisti da rotocalco, inventori di nuove mitologie pagane”. Andrea Pomella, come scrive nella nota dell’autore, fa vivere a personaggi realmente esistiti una “nuova oggettività” e inventa uno “spazio nuovo che solo apparentemente rispecchia la realtà”. La verità che tocca è però inaudita, perché traduce in parole la libertà dell’arte.
Andrea Pomella
Vite nell’oro e nel blu
Einaudi, 384 pp., 21 euro