una fogliata di libri

Vini, spezie, pastelli volativi e confetti di zucchero

Maurizio Schoepflin

La recensione del libro di Davide Chiolero edito da Graphe.it, 76 pp., 8,50 euro 

"L’uomo è ciò che mangia”: a tutti, o quasi, è nota questa perentoria affermazione del filosofo tedesco Ludwig Feuerbach (1804-1872). Lasciando da parte le discussioni e le critiche squisitamente filosofiche che in merito a essa si possono fare – e sono state fatte –, non v’è dubbio che l’espressione feuerbachiana ci ricordi la necessità di non sottovalutare l’importanza che riveste nella vita degli uomini la dimensione materiale e, più specificamente, quella alimentare. Non si può dunque dare torto all’autore di questo libro, che reca l’eloquente sottotitolo “Breve storia della cucina e dell’alimentazione nel Medioevo”, quando sostiene che “lo studio dell’alimentazione, della cucina e del valore socioculturale che si nasconde dietro al cibo è interessante e utile, poiché permette di approfondire la conoscenza di un dato popolo, la sua cultura e i suoi valori”. Inoltre, va detto che la descrizione delle pratiche alimentari dei vari popoli e delle diverse epoche storiche susciti grande curiosità anche in coloro che non ne fanno un particolare oggetto di approfondimento. Chiolero fornisce al lettore numerose informazioni, molte delle quali sfatano false convinzioni riguardanti la cucina medievale. Per esempio, qualcuno potrà rimanere sorpreso apprendendo che il Medioevo, considerato a torto un’epoca stagnante, non lo fu neppure sul piano della cucina, che si rivelò apertissima ai sapori forestieri. Grandemente diffuso, in specie tra il popolo, era il consumo di prodotti di origine vegetale, con il cavolo a farla da padrone, seguito da spinaci, fave, porri, cipolle e altri prodotti dell’orto. Le proteine animali provenivano da carne e pesce; a questo riguardo non bisogna dimenticare il ruolo della Chiesa, che durante l’anno distingueva periodi di grasso, in cui si poteva mangiare la carne, e periodi di magro, in cui essa veniva sostituita dal pesce, ritenuto un alimento di scarsa appetibilità e di minor valore. La carne, al contrario, godeva di un prestigio incontrastato. A motivo del suo costo, il frumento aveva un consumo piuttosto limitato, preceduto da segale, avena, sorgo, miglio e panico. Per le classi più abbienti, la cucina costituiva pure un ottimo strumento per ostentare il proprio benessere. E’ in questo contesto che ebbe notevole successo il “pastello volativo”, una grossa torta riempita di uccelli vivi, che, dopo il primo taglio, volavano via tra lo stupore dei commensali. Fra castelli, conventi e capanne contadine anche il Medioevo assomigliò a ciò che mangiò!

     

Davide Chiolero
Vini, spezie, pastelli volativi e confetti di zucchero
Graphe.it, 76 pp.,8,50 euro 

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