
una fogliata di libri
Crematorio freddo
La recensione del libro József Debreczeni edito da Bompiani, 256 pp., 18 euro
Nato nel 1905 a Budapest, József Debreczeni fu come molti della sua generazione vittima di due regimi. Sopravvissuto al campo di sterminio di Auschwitz dove giunse nel 1944, riparò poi per quasi tutta la vita in Yugoslavia dove lavorò principalmente come giornalista tentando di mantenere viva la memoria di quanto era accaduto nei campi di concentramento nazisti. La sua opera principale, ora finalmente giunta in Italia grazie alla bella traduzione di Dóra Várnai, Crematorio freddo, fu non poco osteggiata dal regime ungherese che preferiva rimuovere quanto accaduto e al tempo stesso non fu mai tradotta in Europa occidentale, finendo in quel tritacarne fatto di antisemitismo, Guerra fredda e feroce maccartismo che regnava allora negli Stati Uniti. Le splendide pagine di József Debreczeni arrivano così tardi, ma al tempo stesso consegnano una visione della follia nazista in presa diretta stupefacente e angosciante. Analitico e preciso fino alle estreme conseguenze, il testo di Debreczeni non volta mai la faccia di fronte all’orrore di quanto accade nei campi. Il crematorio freddo indicato con il titolo era infatti una sorta di ricovero per gli ebrei sfiniti oltre che dalle condizioni che definire di vita è decisamente improprio, anche dai lavori forzati a cui erano sottoposti. In questa parte del campo venivano ammassati i corpi di persone ormai destinate a una morte considerata dai nazisti “naturale”. Questo libro non è solamente una ricca testimonianza, ma anche il presupposto per un’analisi della politica nazista, della sua visione deleteria del mondo e dell’umanità. Un’accusa che József Debreczeni costruisce con precisione e cura, andando anche a praticare una forma di ostinata violenza su di sé nel ripercorrere i giorni trascorsi, quasi un anno, all’interno del lager. La sua è infatti una testimonianza e un’accusa potente e puntuale perché circoscritta lucidamente e in grado di non tralasciare nulla della tragedia di cui era stato fatto protagonista insieme a milioni di altri ebrei. E’ difficile non restare travolti dalla forza di un libro che coinvolge emotivamente, una forza simile a quella dei testi di Primo Levi che obbliga a soffermare lo sguardo, a rileggere e a non osare mai l’andare oltre, il fare finta di niente. Tutto in Crematorio freddo va accolto totalmente, nonostante la fatica e la durezza che ciò comporta. E’ una questione di rispetto verso un grande autore e un sopravvissuto all’Olocausto, ma anche di dignità verso noi stessi.
József Debreczeni
Crematorio freddo
Bompiani, 256 pp., 18 euro

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