Scisma
La recensione del libro di Ilaria Palomba, Les Flâneurs Edizioni, 166 pp., 14 euro
In un pomeriggio di maggio del 2022 la scrittrice e poetessa Ilaria Palomba compie il “folle volo” dal quarto piano di casa sua. Sedici metri la separano dalla quasi-morte. Ma Ilaria sopravvive e inizia da quel giorno la vita dell’Altra. Prima il buio del coma, la rianimazione e poi la degenza all’unità spinale del Cto di Garbatella. Ed è in questo profondissimo abisso che la scrittura getta la sua àncora, quando comincia a condividere in rete il suo diario poetico che ora è diventato un poemetto unitario. Siamo di fronte quindi a un libro non direttamente pensato come tale e con ciò si manifesta la sua urgenza, la necessità primaria per il quale è stato scritto. Ilaria ricostruisce se stessa a partire da uno scisma fisico, biologico, ma soprattutto interiore e lo fa con lo strumento che in quei giorni ha a disposizione, il più potente, il più antico di tutti: la parola. La parola qui è nuda, c’è un’aderenza piena tra l’esperienza e la sua registrazione, nasce insieme al reale, è il suo sismografo. Un diario che segue una via inconsueta, diviso sì in giorni, ma quasi mescolando più voci e registri, con l’effetto, per il lettore, di assistere come a un dramma teatrale recitato da una polifonia di sguardi, meccanismi sintattici alogici, sulla scia di Sarah Kane. E un coro di voci davvero – come l’autrice stessa ammette – costella questo testo: tra tutti Amelia Rosselli e Alejandra Pizarnik. Ma ci sono anche echi della poesia confessionale di Sylvia Plath, di Anne Sexton, ci sono tutte le sue letture sottese e sedimentate, i compagni e le compagne di stanza che sono quasi presenze fantasmagoriche e c’è soprattutto il corpo scisso, il corpo indagato nella sua negazione, nella sua frantumazione. Una poesia che si fa corpo stesso, che aderisce alla ferita, allo squarcio senza retorica e senza pietismi, sempre dietro l’angolo quando si scrive l’autobiografia di un dolore. Un libro-documento umano che si appella alla scrittura come unico residuo possibile e in grado di restituire dignità, vita alla vita, attraversando la morte in un processo di catabasi e di anabasi. Come la scrittrice Fuani Marino che nel suo Svegliami a mezzanotte edito da Einaudi ha raccontato in prima persona l’esperienza del tentato suicidio senza risparmiarsi e trovando un’ipotesi di luce alla fine del tunnel, anche Ilaria, nel corpo a corpo con il relitto con cui deve fare i conti, nel centottantesimo giorno lascia presagire una speranza di rinascita quando scrive questi versi: “Questo dovrebbe portarci alla resa / il silenzio delle basiliche, lo spazio / aperto dei chiostri. Solo questa / prima luce dovrebbe incidersi / nella volontà e disincarnarla. / Non la legge di un insieme / senza verità. Solo questo / giardino capace di fiorire/nel dimenticarsi”.
Scisma
Ilaria Palomba
Les Flâneurs Edizioni, 166 pp., 14 euro
Una fogliata di libri
La forza che nasce da due pile di libri che ricordano colonne malferme
una fogliata di libri