Una fogliata di libri

La regina del silenzio

Riccardo Canaletti

La recensione del libro di Marie Nimier edito da Edizioni Clichy, 192 pp., 19,50 euro

Non c’è un modo di tradire se stessi che non possa somigliare pericolosamente alla scrittura. L’autoinganno ha quasi sempre una trama. Non stupisce che a volte, allora, la verità non abbia storia alcuna, anche se riversata sulle pagine di un breve memoir. Ci si potrebbe ingannare e credere che La regina del silenzio racconti la vita di Roger Nimier, giovane scrittore, padre e vittima di un incidente sulla sua Aston Martin nel 1962. Nimier ha un volto incandescente, che ricorda vagamente la cosiddetta gioventù bruciata americana, se solo questa avesse letto e capito Jean-Paul Sartre, al punto da intuire quanto fosse necessario prenderne le distanze, irrevocabilmente, preferendo al soliloquio fin troppo ossequioso nei confronti della propria intelligenza, il rasoio del neoclassicismo. La regina del silenzio non parla di questo, no. Non parla neanche dell’autrice, la figlia di Nimier, Marie, anche lei scrittrice e Prix de Médicine nel 2004 proprio grazie a questo libro. E’ come se lei, consapevole dell’impossibilità di confrontare due diverse autorialità, formatesi nella ferita e nella distanza del loro rapporto, preferisse scrivere un romanzo per via negationis, dove si dice tutto ciò che la sua vita con suo padre non è stata. Tutto ciò che suo padre, per lei, non è stato. 

Ci si potrebbe chiedere chi se ne sia andato via prima, se lo scrittore o il padre. E se Marie Nimier si sia sentita prima scrittrice o prima figlia. Questo romanzo arriva tardi se si pensa che nel frattempo Marie ha avuto modo di vincere premi, farsi una famiglia, diventare ciò che Roger non è riuscito a essere, uno scrittore sopravvissuto alla sua opera (in un incidente morì il suo alter ego letterario, Olivier Malentraide, in Bambini tristi, undici anni prima di lui, strappando alla semplice cronaca persino la sua fine). Eppure non ha mai preso la patente, ha scansato l’incubo di una morte fin troppo comprensibile, persino probabile. Cosa aspettarsi da Roger, inattuale monarchico amante della velocità, quasi un futurista senza avanguardia? Marie Nimier si guarda bene dal confondersi con suo padre. C’è uno scarto morale, di amore. La prosa scarna non è quella di una Marie bambina, che rivive il rapporto con il padre come imbambolata dall’ipnosi, ma quella di un’autrice saggia, che sa quali e quante parole dedicare, con equilibrio emotivo, a quella non storia, quella non trama che fu la sua vita con Roger. La non logica del racconto, resa dalla frammentazione dei capitoli, insegna così come la scrittura possa somigliare non solo all’autoinganno, ma al suo opposto: la testimonianza.

   

Marie Nimier
La regina del silenzio
Edizioni Clichy, 192 pp., 19,50 euro

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