Techgnosis

Alessandro Mantovani

La recensione del liobro di Erik Davis, Produzioni Nero, 496 pp., 32 euro

Nel Fedro di Platone, Socrate racconta il mito di Theuth, il dio che, giunto in Egitto, offrì al faraone una tecnologia nuova di zecca: la scrittura. Con questa, il sovrano avrebbe accresciuto non solo la memoria del suo popolo, ma ne avrebbe ampliato anche la saggezza. Dopo aver soppesato lungamente la proposta, il faraone decise di rifiutare, accortosi non solo che demandando a una tecnologia la gestione della memoria, quest’ultima avrebbe perso nel tempo il suo vigore, ma ancora di più comprendendo che le nuove tecnologie amputano tanto quanto amplificano le facoltà umane con cui entrano a contatto. Questa stessa tesi è poi approdata alla contemporaneità grazie al critico dei media Marshall McLuhan che con le sue opere ha gettato le fondamenta per l’analisi delle strutture mediali che veicolano dati e informazioni.


Socrate e McLuhan sono due tra i tanti riferimenti che innervano il saggio di Erik Davis, comparso per la prima volta nel 1998 e tuttora attualissimo. 


Alla base del complesso testo sta il rapporto che l’umanità – alle soglie dell’allora nuovo millennio – si apprestava a intrattenere con la rivoluzione tecnologica. Era un’epoca profondamente diversa, senza smartphone e senza che internet fosse il luogo di sviluppo monopolistico della gig economy e dei big data. Ciononostante, ben prima di tutto ciò, Davis aveva colto nel segno rilevando la stretta connessione che lo sviluppo tecnologico intercorre con il misticismo. Se è vero infatti che nel mondo premoderno tutta la tecnologia era stata inserita in un reticolato religioso che ne sosteneva e ne estrinsecava il significato (come dimostra anche il racconto di Socrate sulla scrittura), la nostra epoca invece, muovendo dalle radici storiche dell’Illuminismo, pare arroccarsi su un profondo distacco – la “grande divisione” come definita dall’antropologo Bruno Latour – dal mondo mistico-spirituale. La tecnologia ci appare come un mero strumento in un mondo disincantato su cui pretendiamo un’azione totale. Ma è proprio così? Davis risponde sostenendo esattamente il contrario: un mondo tecnologico che pretende di aver espunto i suoi ibridi e demoni non ha fatto altro che produrne di ancora più inquietanti, perché “la tecnologia incarna una serie di immagini dell’anima: salvifiche, demoniache, magiche, trascendentali”. A noi non resta che smascherare l’inganno della nostra presunta autonomia dal sovrannaturale per fare i conti con queste immagini fantasmatiche che da sempre circondano la tecnologia. 

  

Techgnosis
Erik Davis
Produzioni Nero, 496 pp., 32 euro

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