Una fogliata di libri

Contro la democrazia

Riccardo Canaletti

La recensione del libro di Jason Brennan edito da Luiss University Press, 336 pp, 24 euro

Jason Brennan potrebbe essere considerato l’unico hearth bleeding libertarian sulla faccia della Terra. Nonostante altri nomi, come Roderick T. Long e Gary Chartier, godano di buona considerazione negli Stati Uniti, Brennan è davvero l’autore più importante e sistematico tra tutti. Contro la democrazia, uscito per la Princeton University nel 2006, ne è la dimostrazione. La diagnosi fatta alla democrazia non è nuova. Il nostro modello politico soffre a causa dell’incompetenza non solo della classe politica, ma della base elettorale. Nessuna democrazia è stata davvero, nella visione dei padri di questa grande idea, una democrazia totale e slabbrata. Il più grande merito di Brennan è riattualizzare questa critica, alla luce di una proposta che sembra trainare la pars destruens. L’obiettivo di Brennan, infatti, è rendere appetibile una forma di democrazia migliorata, non distruggere il concetto stesso di democrazia. Mentre altri autori libertari, come H. H. Hoppe, hanno criticato la democrazia per delegittimarla (si veda il suo Democrazia: il dio che ha fallito), Brennan argomenta a favore dell’idea di un governo eletto da “sapienti” che si mantenga all’interno dei confini di un regime democratico. 

Limitare qualitativamente il numero di elettori non dovrebbe essere un problema. In fondo lo facciamo già con i minorenni: “Pertanto, anziché discriminare in base all’età, come fanno tutte le democrazie, perché non sottoporre tutti a un esame di competenze elettorale?”. Il problema, tuttavia, si ha nelle democrazie reali. Stabilire l’età del diritto di voto può essere arbitrario ma neutrale (tutti i minori di diciotto anni, indipendentemente dalle simpatie politiche, non voteranno), mentre stabilire il grado di competenza potrebbe non essere arbitrario, certo, ma iniquo sì. Basti pensare, come ricordava Luca Ricolfi in La rivoluzione del merito, che oggi le classi competenti sono, per colpa di uno stato disfunzionale, i ricchi. Nel libro di Brennan la tesi più interessante resta quella del sorteggio della base elettorale. Si sorteggia una parte della popolazione, sottoposta a sedute di “acculturazione” per poter votare. Perché, però, come suggerito in Contro le elezioni di David van Reybrouck, non accorciare di poco (di un passo!) l’iter, eliminando il problema alla radice e sorteggiando, invece che gli elettori, i rappresentanti stessi? Anche per evitare di avere votanti competenti per politici che non lo sono. Nella terminologia di Brennan: vulcaniani per hobbit.

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