Il pianto delle troiane

Giorgia Mecca

La recensione del libro di Pat Barker, Einaudi, 321 pp., 18 euro

La mia seconda notte al campo l’avevo trascorsa nel letto di Achille. Meno di due giorni prima lo avevo visto uccidere mio marito e i miei fratelli. Schiacciata dal peso del suo corpo dormiente, avevo creduto che non ci fosse sorte peggiore per una donna”. A Troia la guerra è finita, ciò che rimane sono greci ubriachi e trionfanti che aspettano il buon vento per ripartire, vittoriosi. Gli unici felici sono loro, per il resto la città distrutta offre madri che rovistano intorno ai focolari in cerca di avanzi per i figli, il corpo di un uomo che un tempo era stato re profanato, in attesa di sepoltura, spose infuriate, schiave stanche, vedove in cerca di vendetta. Briseide, da schiava di Achille a moglie del nobile Alcimo, è una delle protagoniste di questa storia, che racconta ciò che accade dopo l’Iliade e prima dell’Odissea attraverso gli occhi e le voci delle donne. Cassandra, Amina, Elena ovviamente, la causa di tutti mali. “Povera Elena. Tanta bellezza, tanta grazia… Eppure non era che un vecchio osso ammuffito, conteso da un branco di cani feroci”. Sotto le mura di Troia, tutti la disprezzano, i combattenti achei e le schiave troiane, costrette a piangere figli e mariti. Ecuba, vedova di Priamo, madre di Ettore, caduto in battaglia, è forse la persona che più la detesta al mondo. Briseide osserva attentamente le due donne, Ecuba e Andromaca, la seconda annientata dal dolore, la prima dall’odio. “Forse non osava odiare i re perché temeva la loro potenza; o forse si era abituata a dare la colpa alle donne e assolvere gli uomini”. 


Pat Barker, già autrice de Il silenzio delle ragazze, ci riporta nelle case delle troiane sconfitte, umiliate, con la morte nel cuore. Però anche dopo che l’ira di Achille ha distrutto tutto, la vita prosegue, nascono bambini. Gli dei a volte non sono misericordiosi, e va bene così. Finalmente il vento consente agli achei di tornare in patria, sono più euforici che mai: “E noi? Guardai Andromaca. Ormai non c’era più nulla che la trattenesse lì: aveva perso la famiglia, gli affetti, eppure sapevo che sarebbe voluta restare. Lì erano nati i suoi figli, lì giacevano i suoi morti. Quella terra, per lei, era casa”. C’è un po’ di ferocia in ogni sentimento umano, persino in una mamma che prende in braccio il proprio figlio appena nato. E’ la natura degli uomini e delle donne, ce lo hanno insegnato gli antichi greci. Ulisse, Achille, ma anche Briseide e Andromaca. 

 

Il pianto delle troiane
Pat Barker
Einaudi, 321 pp., 18 euro

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