Come un'onda che sale e che scende

Giacomo Giossi

La recensione del libro di William T. Vollmann, minimum fax, 992 pp., 25 euro

Come un’onda che sale e che scende è la versione ridotta di un’opera che consta di ben sette volumi, ma del resto tutta l’opera di William T. Vollmann non è altro che la versione ridotta di un pensiero fluttuante ed esondante che prende avvio nel 1987 con la pubblicazione del romanzo You Bright and Risen Angels e che vede Come un’onda che sale e che scende quale naturale ampliamento teorico del reportage del 1992, Afghanistan picture show. Ovvero, come ho salvato il mondo. Tre sembrano essere così le parole che più significano nell’opera di Vollmann: mondo, violenza e appunto riduzione. Non va infatti quest’ultima interpretata come un banale (e fastidioso) elemento di semplificazione, ma quale parte sostanziale di un discorso che fa della riduzione una parte assolutamente necessaria della narrazione stessa. Ridurre è infatti l’oggetto principale dell’azione letteraria di Vollmann: ridurre il mondo, ridurre la violenza e in particolare raccontare quello che si è vissuto dandogli possibilmente un senso narrativo. Leggere Come un’onda che sale e che scende significa attraversare l’intera opera di Vollmann intesa come sguardo sul mondo. Davanti al lettore si pone infatti un’opera potenziale fatta non di mille pagine, ma di infiniti possibili racconti e pensieri, il tutto però tenuto ben saldo da quello che  si può definire un narratore onnisciente. Vollmann racconta il suo mondo in cui la realtà è  direttamente proporzionale alla presenza dell’autore nel mondo e in questo Vollmann va oltre il reportage giornalistico o letterario frutto di una disincantata partecipazione, ma arriva fino alla carne viva dell’esistenza. Le storie si mischiano così ai numeri e agli elenchi e divengono il brodo dentro al quale ogni analisi o rappresentazione analitica assume un senso e un significato in un turbinio che pare in diretta connessione con La Comédie humaine di Honoré de Balzac. Tuttavia, in Vollmann la violenza non è più riconducibile all’agire dell’uomo quale costruttore di una società altra rispetto al mondo naturale, ma diviene un movimento circolare senza fine. Una vera  lotta tribale in cui non esiste più alcuna forma di salvezza (in terra) e nessuna resistenza è possibile. La speranza è nell’atto singolo e privato, nel gesto minimo che può permettere una sorta di agonia prolungata capace però di illuminare fragilmente alcuni momenti estremi della giornata. L’unica speranza è allora in una navigazione che non ponga mai fine alla lotta, senza badare alla fine.

 

Come un’onda che sale e che scende
William T. Vollmann
minimum fax, 992 pp., 25 euro

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