100 cose che abbiamo perso per colpa di internet

Gaia Montanaro

La recensione del libro di Pamela Paul, il Saggiatore, 290 pp., 17 euro

Questo è un libro che parla di quello che abbiamo perso – le cose di cui avvertiamo dolorosamente la mancanza, le cose che a malapena sapevamo esistessero, le cose a cui possiamo dire adios senza rimpianti – e delle implicazioni di questa perdita”. Sono cento le cose che Pamela Paul, editor della New York Times Book Review, elenca come le principali perdite a causa di internet. Lungi dal voler demonizzare il mezzo, ormai necessario e imprescindibile per la vita di ciascuno, la Paul con occhio clinico, attento e perspicace si concentra sul – fisiologico – rovescio della medaglia. Si parte dalla noia che “era una cosa che si poteva trovare quasi ovunque”, preziosa soprattutto quando si è bambini perché da essa poteva scaturire inventiva e creatività e che ormai è quasi tecnicamente preclusa (“Bisogna spegnere il flusso in ingresso per generare flusso in uscita. Ma il problema è che il flusso in ingresso non si ferma mai”). Ci si avventura in perdite più pratiche, minute, quasi settoriali e che emergono dall’esperienza personale dell’autrice: si è perso – tra gli altri – il punto, le foto venute male, la biblioteca scolastica, conoscere a memoria i numeri di telefono, la guida tv e il giornale. Aspetti sottili, marginali ma che aiutavano a perimetrare il proprio mondo, in qualche modo a conoscerne regole e confini e per questo a saperlo maneggiare (o per lo meno vagamente affrontare). Si sono perse però anche cose intangibili la cui importanza si può sperimentare ogni giorno. Come la capacità di rimanere soli con sé stessi. “Starsene da soli significa rimanere soli con i propri pensieri e chiudere fuori tutti gli altri, con tutti i loro sentimenti, pensieri, bisogni e reazioni; e questa è diventata una cosa difficilissima da fare”. E ancora la pazienza, poiché “una volta c’era un tempo per ogni cosa e bisognava aspettare” oppure la memoria, oggi percepita quasi come superflua, e con essa la capacità di ricordare ovvero di richiamare nel cuore ciò a cui diamo valore. C’è una vena di nostalgia nel tratteggio del mondo di oggi che fa Paul, figlio della consapevolezza che ci si è lasciati indietro molto, si è rinunciato in qualche modo ad alcune sfumature di umanità. Ma rimane la capacità di portare uno sguardo leggero, di strappare un sorriso a chi ricorda per esperienza ciò che è andato perso e a chi scopre quello che è stato e non sarà più. Ciascuno troverà la sua “perdita” più significativa, magari piccola e pratica, magari più profonda. Come la perdita della capacità di mettere la parola fine. Ma la fine è importante in tutte le cose, in tutte le storie.  

 

100 cose che abbiamo perso per colpa di internet
Pamela Paul
il Saggiatore, 290 pp., 17 euro

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