Una fogliata di libri

La strada per Friburgo. Sei storie di filosofi nella Germania di Hitler

Maurizio Schoepflin

La recensione del libro di Gianni Paoletti, Castelvecchi, 206 pp., 20 euro

Situata a una quindicina di chilometri dal confine francese e circa a cinquanta da quello svizzero, la città di Friburgo in Brisgovia è tra le più importanti dello stato federale del Baden-Württemberg, posto nella parte sud-occidentale della Germania. Friburgo è sede di una prestigiosa università, frequentata da migliaia di studenti, che da sempre imprime alla città un tono particolare, tanto da farne una delle culle della cultura tedesca e una meta turistica di primaria importanza. Da Friburgo sono passati alcuni dei maggiori pensatori del XX secolo e qui ebbe luogo quella che Gianni Paoletti definisce l’“atroce metamorfosi” della filosofia tedesca, culminata con il discorso che Martin Heidegger vi tenne nel 1933 per l’assunzione del rettorato, discorso nel quale il celebre professore manifestò la sua adesione al nazionalsocialismo.

 

Ma Friburgo non significa soltanto tradimento e collusione da parte degli intellettuali nel momento dell’ascesa di Adolf Hitler. Al contrario: la città accolse anche grandi personalità della cultura che furono decisamente antinaziste e che del nazismo furono a diverso titolo vittime. Fra queste, Paoletti ne ha individuate sei, tutte dedite agli studi filosofici e capaci di lasciare una traccia assai importante nel pensiero novecentesco. La prima è Edith Stein, la filosofa ebrea, uccisa ad Auschwitz, che si fece carmelitana e che la Chiesa cattolica ha canonizzato nel 1998. Vi è poi Walter Benjamin, amico di Brecht e teorico dell’arte, il quale, terrorizzato dalla persecuzione nazista, si suicidò nel 1940. Successivamente l’autore sposta l’attenzione su Karl Löwith, grande interprete del pensiero otto-novecentesco, che conobbe Heidegger a Friburgo nel 1919: l’ammirazione per il maestro non gli vietò di criticarne aspramente la vicinanza al nazismo.

 

Il quarto protagonista di cui l’autore si occupa è Karl Jaspers, definito da Hannah Arendt la “coscienza della Germania”, il quale condannò severamente il comportamento heideggeriano. Di Hans-Georg Gadamer, il patriarca dell’ermeneutica, Paoletti sottolinea la fedeltà a Heidegger, maestro mai rinnegato, la cui vicinanza all’hitlerismo lo lasciò comunque “inorridito e scioccato”. La galleria di ritratti filosofici di Paoletti si conclude con quello di Hans Jonas, che affrontò il drammatico problema della compatibilità tra l’esistenza di Dio e l’atrocità di Auschwitz. Friburgo – conclude l’autore – è l’orma della stagione in cui in Germania si intrecciarono il genio filosofico e la barbarie più feroce.

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