Lettere tra due mari

Giorgia Mecca

La recensione del libro di Siri Jacobsen, Iperborea, 96 pp., 14 euro

In principio era acqua, solo e soltanto acqua, la padrona di tutto il creato. Poi all’improvviso scaturì la terra, e il mare fu squarciato. Fu allora che l’unità si frammentò, l’ordine anche. Ciò che viveva in simbiosi si disperse, separato dalla materia, e dalle creature. Lettere tra due mari, il romanzo della scrittrice danese Siri Jacobsen tradotto da Maria Valeria D’Avino, è una intima corrispondenza tra due sorelle nate milioni e milioni di anni fa, Atlantica e Mediterranea, che contemplano lo spazio al di là dell’atmosfera nella speranza prima o poi di ritrovarsi e scorrere di nuovo insieme. “Se la terra non si poteva distruggere, l’avremmo attraversata, un contenitore dopo l’altro, un catino dopo l’altro saremmo tornate a incontrarci”.

 

 

E’ questo il modo che hanno per continuare a parlarsi i due mari, che desiderano soltanto ricomporsi, ritornare all’armonia iniziale. Per il momento vivono di nostalgia e di rimpianti, si fanno domande sugli uomini, sulle sorti di un universo sempre più malato, rievocano, per farsi compagnia, vecchie storie e vecchi miti, tra cui quello di Icaro, il figlio di Dedalo che si avvicinò troppo al Sole e per questo precipitò in mare, dove morì.

 

Mediterranea pensa spesso all’uomo: “Come posso spiegarmi? Icaro è caduto e io l’ho afferrato al volo. Le ali sapevano di miele. Il ragazzo sapeva di zelo e di dolore. Una stella malriuscita, ricordo di aver pensato allora”. Sono lettere piene di poesia quelle che si scambiano Atlantica e Mediterranea, parlano di noi, donne e uomini, creaturine che muoiono con una facilità sorprendente, come se si chinassero di colpo a raccogliere un sasso”.

 

 

Tutto deriva dal mare e verso il mare ritorna, ogni cosa dipende dall’acqua. “Quando hai liberato le creature dalla forma in cui erano nate, donando loro la volontà di possedere e il desiderio di dormire a cucchiaio, tu hai ricreato il mondo. Nessuna di noi poteva immaginare che quelle modifiche avrebbero portato tanto lontano”. dice un giorno Atlantica a Mediterranea, forse sarebbe stato meglio dare agli uomini più desiderio e meno volontà, ma è inutile tormentarsi adesso. “Tutto quello che vive abbandona la discendenza. Perfino le stelle lasciano andare i propri figli”.

 

Quando il dolore della lontananza è troppo, le due sorelle rievocano il loro piano, quello di riunirsi, di fare tabula rasa di tutto ciò che è diverso da loro, tutto ciò che non è acqua: “Grandi foreste ricresceranno in noi, fitte e nere di nutrimento. Pensa a questo, pensa che saremo l’unico suono al mondo”. 

 

 

Lettere tra due mari
Siri Jacobsen
Iperborea, 96 pp., 14 euro

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