Una fogliata di libri

L'utopia pirata di Libertalia

Massimo Morello

La recensione del libro di David Graeber (Elèuthera, 216 pp., 17 euro)

"Illuminismo pirata? È un’evidente provocazione” si chiede e si risponde l’autore, aprendo poi una lunga divagazione sull’Illuminismo, “una versione certo non convenzionale – anzi decolonizzata – di Illuminismo che rielabora in modo originale le sue idee di libertà e uguaglianza”. David Graeber (1961-2020), del resto, era un antropologo e un attivista politico statunitense, dalla visione anarchica, antiglobalista, uno degli esponenti di Occupy Wall Street. A tale provocazione chiunque sia cresciuto e poi invecchiato nel mito di quell’avventura che si annida nel cuore delle navi, che porta gli uomini su tutti gli orizzonti del mare, reagisce con fastidio. Un fastidio intellettuale e fisico, poiché la fisicità è una componente inscindibile di quella stessa avventura. La sinossi del libro, un saggio su Libertalia, sorta di stato utopico che si narra (senza prove storiche) realizzato dai pirati tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento in Madagascar, fa pensare a qualcosa di forzato, come se si pretendesse di valutare Una stagione all’inferno di Rimbaud secondo la fenomenologia religiosa.

 

Ci vuole coraggio, dunque, per procedere nella lettura. Ma l’idea di “una pratica politica egualitaria che dai ponti delle navi migra sulla terraferma nei tanti insediamenti pirata presenti lungo la costa malgascia durante l’epoca d’oro della filibusta” merita d’essere esplorata. E così si scopre un racconto fatto “di magie, menzogne, battaglie navali, principesse rapite, rivolte di schiavi, cacce all’uomo, reami inventati, ambasciatori fasulli, spie, ladri di gioielli, avvelenatori, culti satanici, ossessioni sessuali… una storia che sta alle origini della libertà moderna”. Solo la citazione (dagli appunti di Mary Shelley) riportata all’inizio del secondo capitolo vale la lettura: “Su un’isola dell’arcipelago indiano una maga salva la vita a un pirata, un uomo selvaggio ma d’animo nobile”. La pratica egualitaria, l’utopia libertaria si esprime nei codici d’onore dei pirati, uomini “che si votavano all’inferno” e così ne arricchisce miti e riti in una nuova inaspettata dimensione. Tutto ciò, probabilmente, avremmo dovuto già capirlo dalla prefazione di Franco la Cecla: sia nella critica all’accademicismo di una certa intelligenza accademico-antropologica, sia nel ritratto dell’autore. Graeber è un antropologo “pirata” che ha descritto la pervasività della stupidità burocratica che s’installa nelle “zone morte dell’immaginazione” della società contemporanea dove proliferano i “bullshit jobs”. I lavori del c… 

 

David Graeber
L'utopia pirata di Libertalia
(Elèuthera, 216 pp., 17 euro)

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