Elaborazione grafica di Enrico Cicchetti 

Una fogliata di libri

Abbiamo bisogno di poeti e poesia, ora più che mai

Daniele Mencarelli

Serragnoli, Di Biasio e Pelliccioli. Tre consigli per gli acquisti, un collage di poeti e libri che val la pena scoprire

Malgrado l’epoca semplicemente avversa, la poesia continua a esistere, a essere scritta e vissuta, offerta. Quello che occorre chiedersi è se esiste ancora una richiesta reale, un bisogno concreto dei poeti e della loro opera. La risposta è sì, oggi forse più di ogni altra epoca. Perché tanto più l’uomo si allontana dalla sua radice, e i nostri anni in questo senso sono emblematici, tanto più ha bisogno di questo prisma inarrivabile per riavvicinarsi alla sua esistenza.

 

Senza retorica alcuna, da questo punto di vista il nostro tempo è semplicemente affamato di poesia, di autentica, nuda e vera poesia. Ma quanta di quella che esce quotidianamente può definirsi tale? Allora ecco tre consigli per gli acquisti, un collage di poeti e libri che val la pena scoprire. La prima dei tre è fra le migliori poetesse italiane in circolazione. Francesca Serragnoli fa del verso una materia magmatica, incandescente.

 

La sua ultima opera, “La quasi notte” (MC edizioni), vive in quello spazio dove la parola è poesia e insieme preghiera, parola grata, certo, ma allo stesso tempo sofferta, drammatica. Una mistica della realtà irrompe in ogni testo, lasciando spesso visioni nette per quanto rivelatrici, abbaglianti. La Serragnoli ha voglia di destino, coglie l’ombra ultima delle cose, ne è attratta da sempre. Con tutto il rispetto per l’editore che ha dato alle stampe questo libro, ci si augura che presto la sua produzione possa trovare una collocazione dentro le collane principali del nostro del paese. Sono una in cui la guerra / ha costruito appartamenti di lusso / potrai vedere un’ombra andare e venire / una luce accendersi nelle stanze / baci cadere nel vuoto delle tovaglie / e una terrazza ai piani della sfinge / cose che vogliono essere viste / nella posizione dell’amore. Il secondo poeta dei tre appartiene per età alla categoria dei giovani poeti. Categoria che in Italia rischia di intrappolare ben oltre il limite della gioventù e del buon gusto. Nel nostro paese è giovane il regista cinquantenne che arriva al primo film, o lo scrittore vicino ai sessanta che trova finalmente ascolto presso un grande editore.

 

Simone Di Biasio, invece, è giovane veramente, classe ’88, è una delle voci più originali delle ultime generazioni. Il suo ultimo lavoro, “Panasonica” (Il Ponte del Sale), rivela già dal titolo la forte sperimentazione, senza velleità di sperimentalismo, che Di Biasio opera all’interno della sua versificazione. La sua parola è composta da più strati, come rileva con parole perfette Umberto Fiori nella prefazione del libro, il suo è un solerte plurilinguismo, in cui a un italiano mediamente letterario si mescola principalmente la parlata di Fondi (il paese natale di Simone, nda). Di Biasio non è un poeta in dialetto in senso proprio, ma il suo legame con l’idioma delle sue parti è intimo, decisivo.

 

Ultimo del trittico, non certo per valore, Marco Pelliccioli. Il libro è edito nella collana gialla di PordenoneLegge e Liecolle e s’intitola “L’orfano”. Pelliccioli, che ha all’attivo già diverse raccolte segnalate dai poeti e lettori più attenti, in questa raccolta riuscitissima continua il suo dialogo con la realtà, catturata attraverso l’azione degli umani. La sua poesia è colma di persone, fatti, movimenti, tutti riferibili a quella dimensione di feriale normalità che da sempre interroga la poesia migliore. Pelliccioli coglie nel teatro della realtà il limite della sua resistenza ultima, l’effimero incedere della vita che presume di essere eterna, e che invece non lo è, almeno non in questo mondo. Buona lettura.

 

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