Una fogliata di libri

Cuori vuoti

Giorgia Mecca

La recensione del libro di Juli Zeh (Fazi, 269 pp., 18,50 euro)

E’ il 2025 e in Germania non c’è più Angela Merkel, al suo posto ha preso il poter un partito ultrapopulista, il Movimento dei cittadini preoccupati che, per calmare la popolazione, fa a pezzi la democrazia. Crisi finanziaria, Brexit, le conseguenze di Donald Trump sull’occidente, il terrorismo: il mondo sembra andare veloce verso la propria distruzione, le persone preferiscono non capire, vogliono la pace, ma una pace individuale all’interno del proprio giardino, vogliono cavarsela con discrezione. Britta, per esempio, vive in una casa pulita, in una città pulita e dirige un’impresa pulita. Questo è il contributo che offre. E’ lei la protagonista di Cuori Vuoti, l’ultimo romanzo della scrittrice tedesca Juli Zeh. Britta è una donna pragmatica, ha un marito e una figlia a cui vuole molto bene, ma detesta passare i suoi pomeriggi al parco giochi. “A differenza delle altri madri non cerca di usare Vera come il surrogato per tutto ciò che è andato perduto: politica, religione, senso di comunità”. A volte si vergogna anche solo di pensarlo, ma ha il sospetto di amare più il lavoro che la famiglia. La donna, insieme al socio Babak Hamwi, ha fondato una piccola azienda, il Ponte. Davanti al portone di ingresso, la targhetta recita: studio di psicoterapia, psicologia del profondo, self managing, life coaching eccetera. In realtà Britta e Babak non sono psicologi, la loro professione non ha niente a che vedere con la psicoterapia, a loro si rivolgono le persone che vogliono farla finita. “Questo è quello che facciamo. Dissolviamo pensieri suicidi”. 
Un giorno si presenta in studio una nuova paziente che, dopo aver ascoltato come funziona il Ponte chiede: “Cosa succede di preciso se supero tutti i dodici livelli?”, si risponde da sola: “Mi mettete in contatto con un’organizzazione che ha bisogno della morte”. 
Il suicidio è diventato un argomento di conversazione durante le cene tra amici, tanto è diventato frequente. “L’uomo moderno soffre di claustrofobia da eccessiva globalità. Nella società globalizzata non è più possibile scappare da nessuna parte perché tutto è ovunque. Allora il suicidio diventa l’unica via d’uscita”. Britta non si interroga sulle ragioni, molto più pragmaticamente vuole capire cosa può ricavare dalla disperazione degli altri. Il risultato è sorprendente. “Chiunque abbia bisogno di un attentatore, non è più costretto a rivolgersi a dei fanatici jihadisti con disturbo narcisistico, o a dei bambini con il feticismo per le armi né a degli psicopatici che odiano gli stranieri e le donne”. Ciò che fanno i soci del Ponte è consegnare alle organizzazioni terroristiche un martire formato professionalmente, che desidera morire per un fine alto. Il loro cinismo ha reso neutrale la multinazionale che per anni non ha dato tregua all’occidente, l’Isis, che si rifornisce dal Ponte per il capitale umano. Britta ne è convinta, sta davvero facendo qualcosa di grande per il mondo disgraziato in cui abita. Le leggi morali sopra di noi sono un conto, ma sotto il cielo stellato è tutta un’altra storia. Il ciclo naturale che regola il mondo prevede la pace e prevede la guerra, la pulizia e la sporcizia, il bene e il male. Forse non è il migliore dei mondi possibili, ma è quello in cui ci tocca di abitare.

  

Juli Zeh
Cuori vuoti
Fazi, 269 pp., 18,50 euro

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