L'arte sconosciuta del volo

Piero Vietti

Recensione del libro di Enrico Fovanna edito da Giunti (341 pp., 18 euro)

Siamo a Premosello, in Piemonte, è il 1969. Il mondo in protesta è ancora un’eco lontana in un paese sconvolto dal ritrovamento del cadavere di un bambino. Pochi mesi prima era successo a una bambina, trovata morta anche lei. Sono due compagni di classe di Tobia, il protagonista del nuovo romanzo di Enrico Fovanna, L’arte sconosciuta del volo. Un giallo che non è un giallo, anche se fino all’ultimo si resta curiosi di scoprire chi ha ucciso i due ragazzini, un giallo che è “un pretesto per dar voce ai sentimenti del bambino che ero stato”, scrive Fovanna nella postfazione. Non si tratta però di un romanzo autobiografico, né del genere così in voga specialmente in Italia, quello in cui uno scrittore non sapendo di che scrivere parla dei fatti propri convinto che possano davvero interessare a qualcuno. E’ Tobia che racconta la storia dei delitti di Premosello, le malelingue del paese che sospettano di un insospettabile, la sua partenza dal paese con la famiglia, il suo amore bambino per Carolina che durerà per sempre. E’ Tobia che racconta, ma è il Tempo il protagonista di queste pagine. Quarant’anni dopo, un fatto casuale riporta Tobia nel paese che non aveva più visto, lo costringe ad affrontare di nuovo il terrore di quei giorni, a capire che “tutte le strade che contano passano dalla paura”. Che cos’è il tempo, questo flusso in cui siamo immersi dal primo all’ultimo giorno della nostra vita e nel quale affetti, amicizie, scoperte e volti sembrano trascinati lontano, destinati a essere perduti per sempre? Cosa salverà ciò che non c’è più? Ma soprattutto, possiamo cambiare il passato? “L’arte sconosciuta del volo” è un romanzo sulla ferita che un grande dolore può incidere sulla pelle dell’esistenza, cambiandola per sempre, segnando il punto oltre il quale le cose non posso più tornare a posto. Tobia non lo sa ma aspetta un’occasione perché il prima e il dopo di quel dolore possano tornare insieme. Non lo sa ma aspetta di riconoscere un amore che gli faccia riguardare tutto finalmente illuminato, che dia un senso alla paura, al vuoto e alla fatica di quegli anni. Che lo faccia tornare a casa, salvando anche tutte le cose e le persone che non ci sono più. Solo un amore atteso e insperato, infatti, può far tornare tutto a posto, guardare tutto come andrebbe guardato: anche quella lite con il compagno di scuola che il giorno dopo verrà trovato morto; anche quella terribile sensazione di soddisfazione provata sentendo la notizia; anche il bacio finalmente dato a Carolina, i pomeriggi a pescare con suo padre, l’amicizia con il matto del paese, quella con il frate che li faceva giocare e parlava loro di Dio. Solo l’amore può scacciare i fantasmi, solo un gesto d’amore – fosse anche invisibile e nascosto – può attraversare il Tempo e farci ritrovare tutto. L’arte sconosciuta del volo è un racconto su questo amore, prima di essere un giallo. 

 

L’arte sconosciuta del volo
Enrico Fovanna 
Giunti, 341 pp., 18 euro

Di più su questi argomenti:
  • Piero Vietti
  • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.