Favola di New York

Gaia Montanaro

Victor LaValle
Fazi, 512 pp., 20 euro

Uno scrittore deve avere qualcosa da raccontare. E’ un’affermazione che può sembrare ovvia ma non è sempre così scontata. Victor LaValle è indubbiamente uno scrittore che ha qualcosa da raccontare. E non perché la sua Favola di New York si dispiega per più di cinquecento pagine bensì perché la sua è una storia piena di accadimenti, senza fronzoli o manierismi. Travalica i generi e gli stili, portando a spasso il lettore in una favola moderna sullo sfondo di una abbastanza inedita New York. Qui vive Apollo con la moglie Emma Valentine e il piccolo Brian. Il bambino ha il nome del nonno paterno – Brian West – che ha abbandonato Apollo quando aveva quattro anni lasciando la moglie Lilian Kagwa. La donna, ugandese fuggita dal suo paese, aveva incontrato Brian, belloccio di Syracuse, durante uno sciopero dei netturbini della Grande Mela. Dopo pochi mesi era nato Apollo – che il padre avrebbe voluto chiamare Rocky in omaggio al film che aveva fatto da sfondo al loro primo appuntamento – e la vita della nuova famiglia scorreva tranquilla e senza grandi drammi. Ben presto però l’idillio famigliare si spezza, Brian li abbandona lasciando al piccolo Apollo solo una scatola con la scritta “Improbabilia” piena di oggetti legati al pezzo di vita trascorsa con loro. Lascia in eredità anche un incubo ricorrente che termina sempre con Brian che bussa alla porta del figlio ripetendogli le parole “vieni via con me”. Ma quella speranza per Apollo viene sempre e costantemente negata. Passano gli anni, Apollo diventa un commerciante di libri e conosce Emma, una bibliotecaria all’apparenza fragile ma dai modi decisi. La loro sembra una famiglia normale, allietata dall’arrivo del piccolo Brian, fino a quando cominciano a verificarsi strani fenomeni che fanno virare il racconto in un dramma nero e sempre più tragico. Tra isole buie e sinistre, cimiteri ed ex manicomi e una foresta che raccoglie entità mostruose, la favola si tinge di nero, percorsa dal desiderio di scoprire cosa sia successo davvero a Emma. LaValle riesce a tenere insieme tanti fili del racconto, in una storia ricca di snodi imprevedibili ma mai fuori tono dove i personaggi agiscono in modo credibile e mai scontato. Ci sono i social network e la tecnologia usata nella sua accezione più straniante, le streghe e il soprannaturale, la New York più scura e il racconto dei legami famigliari, tutto tenuto insieme da uno sguardo intriso di (inaspettato) realismo. Anche nel racconto delle relazioni moderne e della sfida di essere genitori. “Se devi salvare le persone che ami, diventi una persona diversa, ti trasformi. L’unica magia è in quello che siamo capaci di fare per le persone che amiamo”. New York fa da sfondo ma al tempo stesso è anche uno dei protagonisti di questa fiaba, con la sua natura grandiosa e – forse anche per questo – multiforme e sinistra. Perfetto contrappunto estetico di un racconto che tiene insieme nature e suggestioni diverse. Ma che in fondo rimane pur sempre una fiaba. “E vissero felici, almeno per oggi”.

 

Favola di New York
Victor LaValle
Fazi, 512 pp., 20 euro

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