L'ultimo giorno dell'imperatore

Roberto Persico

Robert Musil
Reverdito editore, 256 pp., 18 euro

Nel marzo del 1918, l’impero asburgico è al collasso. Dopo quasi quattro anni di guerra, la situazione è drammatica: mancano il cibo, i combustibili, le forze. Tra gennaio e febbraio scioperi e manifestazioni contro la guerra si moltiplicano, a Vienna e altrove. Per far fronte al malcontento, l’imperial-regio stato maggiore rilancia la carta della propaganda, e decide la pubblicazione di un nuovo settimanale patriottico: Heimat. E’ l’ultimo, disperato tentativo di ridestare il sentimento di appartenenza a una storia comune.

A dirigere la rivista viene chiamato il capitano Robert Musil. L’autore del Giovane Törless ha già dato buona prova di sé come direttore del Soldaten-Zeitung, rivista che fra il 1916 e il ’17 ha raccontato le esperienze dei soldati al fronte: è l’uomo giusto per questa operazione. E lui si mette all’opera con lena: fra il 7 marzo e il 24 ottobre – il giorno della grande rivolta che porterà al crollo della Duplice monarchia – ogni settimana scrive il suo pezzo, fedele all’obiettivo “di contrastare quegli influssi che provocano disorientamento al fronte; di rinsaldare la calma e la fiducia, e di indicare ai lettori i modi per continuare a svolgere fedelmente i doveri che incombono secondo il loro libero giudizio”.

Il volume riporta una cinquantina dei suoi interventi. E non è senza struggimento che si leggono certi passaggi, come le righe che dedica alla certezza della vittoria dopo la sconfitta della Russia: “Il fronte orientale è liquidato. La primavera del 1918 che doveva vederci battuti e annientati ci ha portato in una situazione così vantaggiosa come mai era stata nei tre anni e mezzo di questa spaventosa guerra”. O le pagine sulla forza degli Imperi centrali contrapposta alla stanchezza dei paesi dell’Intesa. O quelle dedicate al valore dell’Austria come convivenza di popoli e ai rischi della sua dissoluzione: “Tutti i popoli dell’Austria sono trattati in modo uguale, sotto la sola condizione del riconoscimento della monarchia, che dà le migliori garanzie alle nostre piccole nazionalità di poter corrispondere ai nostri compiti meglio di quel che accadrebbe se avessimo un’indipendenza come quella degli stati balcanici, che è impossibile godersi in pace. Se fossimo squilibrati che si lasciano sedurre da una libertà fittizia, proclameremmo la Repubblica dell’Uzzuri e la Repubblica Cuzzovalacca e un’altra dozzina di stati indipendenti, destinati a essere preda di mille piccoli conflitti e, alla fine, di un vicino più forte”.

I curatori della raccolta, Massimo Libardi e Fernando Orlandi, osservano nella preziosa postfazione come siamo qui in presenza più del “mito del ruolo sovranazionale della Duplice monarchia” che della realtà effettiva dell’Impero; e lo stesso Musil più tardi si farà beffe dell’incapacità dell’immobile Kakania – come ironicamente chiamerà l’Impero ne L’uomo senza qualità – di adeguarsi ai mutamenti dei tempi nuovi. Però non si può negare che la sua profezia si sia realizzata.