L'idiota della famiglia. Gustave Flaubert dal 1821 al 1857

Claudia Gualdana

Jean-Paul Sartre
Il Saggiatore, 1.158 pp., 65 euro 

Il Sartre filosofo è fin troppo noto. Più nell’ombra è invece l’autore di accurate biografie che scandagliano l’anima di alcuni giganti: Tintoretto, Genet, Baudelaire. E Gustave Flaubert, il virtuoso della parola scritta che nulla lascia al caso, autore di romanzi in cui sceglie “l’immaginario contro il reale”, spiega Massimo Recalcati nell’introduzione. Sartre lo paragona a Baudelaire, il che può apparire strano: cos’hanno in comune il poeta maledetto e lo scrittore borghese? Per entrambi, spiega il filosofo, “l’opera d’arte è l’unico relitto di un lungo naufragio in cui l’artista si è perduto”. Già, perché là fuori c’è il niente. Almeno per Flaubert, che guarda al caos della vita con distacco ascetico, per quanto la sua mole da bon vivant lasciasse intuire un notevole gusto per l’esistenza. Sartre la vede in modo differente, e per motivare la sua opinione ricorre a una buona dose di psicoanalisi. Torna quindi all’infanzia del grande scrittore.

Figlio di un noto chirurgo e di una madre infelice, il piccolo Gustave non incarna le proiezioni narcisistiche di nessuno dei due, stretto com’è tra il primogenito, che porta il nome del padre e ne prosegue la professione, e la sorella minore, che invece si chiama come la madre e la sgrava dal fardello di aver causato la morte della sua, di madre, nascendo. Sartre proclama una verità scomoda per la nostra concezione della famiglia, in cui i discendenti sarebbero idealmente amati allo stesso modo e gli ascendenti amorevoli a prescindere. Così non è. Almeno, non sempre. Soprattutto, non per Gustave Flaubert. Che trascorre infanzia e giovinezza ignorato dai suoi vecchi, rifiutato dal mondo. Peggio: considerato un ebete, un bambino un po’ ritardato che fatica a parlare. Il titolo crudele – L’idiota della famiglia – lascia di stucco, in confronto alla grandezza del personaggio. Il mistero svanisce con il recupero delle coordinate filosofiche scelte da Sartre: costituzione e personalizzazione.

La prima posta nella tenera età, in cui Flaubert assorbe l’indifferenza dei genitori, che lo abbandonano al suo stupore inetto. La seconda nella scrittura, con cui l’autore di Madame Bovary annulla la predestinazione scelta dalla famiglia e diventa inaspettatamente un genio. “Bisogna capire questo scandalo, un idiota che diventa un genio”, scrive Sartre. Spiegando come la nostra vita, se non la riscattiamo con creatività, rischi di limitarsi all’interiorizzazione non solo delle condizioni sociali e intellettuali di altri, ma anche di codici, opinioni, parole assorbite passivamente.

Il singolo insomma può trovare una via d’uscita inaspettata dalle “strutture familiari interiorizzate” e, nel caso di Flaubert, trasformarsi in un immortale della letteratura. Fuggire insomma nell’immaginario, se il reale è il luogo di una condanna ingiusta, di un limite imposto dalla pochezza altrui.

  

L'IDIOTA DELLA FAMIGLIA. GUSTAVE FLAUBERT DAL 1821 AL 1857
Jean-Paul Sartre
Il Saggiatore, 1.158 pp., 65 euro

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