recensioni foglianti

Figure, idoli, maschere

Claudia Gualdana

Jean-Pierre Vernant
il Saggiatore, 270 pp., 23 euro

La maschera è un confine, una soglia tra il sé e l’altro. Indossandola si attua una sospensione della realtà oggettiva per aprire una porta su una dimensione immensurabile, di cui la figura dell’attore e l’arte del teatro hanno espresso nei secoli la potenza. Una nobile tradizione di cui Vernant, studioso del mito e dell’antichità classica scomparso nel 2007, disseziona le radici più profonde. Questo libro degli anni Sessanta esplora il rapporto dell’uomo con il mistero della sua stessa alterità chiudendolo in una parentesi stretta tra Omero e Platone. Quale verità si nasconde dietro la maschera, vivente o soprannaturale che sia? L’epica, la mitologia e la filosofia greche tracciano il percorso delle altre dimensioni nella vita psichica e culturale. Dietro la maschera, ossia l’ovvio e il conosciuto, si nascondono apparizioni inafferrabili per la ragione. Ci sono il doppio, l’altro, ossia l’eidolon. A volte è chiamato fantasma, ed è creato da un dio con l’effigie di un mortale. C’è poi la chimera, l’immagine che appare in sogno ma anch’essa reale. Gli eroi nell’Ade talora tentano di abbracciare un caro scomparso, ritrovandosi a stringere il nulla. Il doppio non è tanto quel che sveliamo a noi stessi, quando siamo celati da un’identità posticcia. Cela ben altri misteri. Che nella storia sono stati indagati dalla filosofia, dai culti misterici e dalla teologia: Orfeo nell’oltretomba cerca l’amata in carne e ossa o forse la di lei anima? Platone compie il balzo in avanti traslando l’eidolon dall’altra dimensione al mondo sensibile: l’eidolon è l’Io profondo di ciascuno di noi, l’anima. Che vaga fuori dal corpo oltre la morte e lo governa in vita. Platone, e alcuni presocratici, sapevano di tale simulacro, e che l’aedo più indicato a cantarlo era il mito. Che significa semplicemente racconto, di cose che in altra forma sarebbe difficile esprimere, se non con la scrittura sublime del padre della filosofia. Vernant, principale rappresentante della psicologia storica, afferra il desiderio di eternità degli antichi greci e rilegge i loro percorsi attraverso alcuni miti celebri, a dimostrare quanto profondo sia il solco che hanno lasciato nella nostra coscienza. Se la prima parte del libro è dedicata al rimpianto di Menelao per l’amata lontana – Elena di Troia – e a quello per chi invece è troppo lontano per fare ritorno, la seconda entra nei misteri delle figure degli dei. La Gorgone, maschera pura, che dietro di sé nasconde il nulla, o meglio un grido disumano che proviene dalle viscere dell’inferno. Artemide, la “signora del mondo selvaggio”, è la sentinella che vigila sul confine tra i due mondi, terreno e non, ma anche selvatico e civilizzato. Il passaggio tra l’età immatura e la vita adulta. In Attica, Dioniso, nelle Baccanti di Euripide, è il dio mascherato che ad alcuni porta la gioia, ad altri, quelli che non lo hanno saputo vedere, la distruzione. C’è sempre la dimensione del mutamento, della paura dell’ignoto, ad accompagnare una maschera. A gettarla si può provare paura. Oppure sentirsi liberi, come i sapienti di fronte alla luce del sole, una volta liberati dalla caverna di platonica memoria.

 

FIGURE, IDOLI, MASCHERE
Jean-Pierre Vernant
il Saggiatore, 270 pp., 23 euro

Di più su questi argomenti: