recensioni foglianti

Non sarò mai la brava moglie di nessuno

Francesca Pellas

Nadia Busato
Sem, 255 pp., 16 euro

Che brutta idea morire il primo di maggio, che stupida a sprecare una giornata di sole così”. Evelyn McHale aveva ventitré anni quando si gettò dall’Empire State Building andando a schiantarsi sull’automobile di un diplomatico delle Nazioni Unite e trasformandosi in una delle fotografie più celebri del mondo. Era il 1947. L’immagine, scattata dallo studente Robert Wiles, fu pubblicata da Life e diventò un’icona. Sul biglietto d’addio che venne trovato poi, Evelyn aveva scritto: “Fatemi cremare, distruggete il mio corpo. Vi supplico: niente funerale, niente cerimonie. Il mio fidanzato mi ha chiesto di sposarlo a giugno. Ma io non sarei mai la brava moglie di nessuno. Sarà molto più felice senza di me. Dite a mio padre che, evidentemente, ho fin troppe cose in comune con mia madre”.
In Non sarò mai la brava moglie di nessuno, pubblicato da Sem, Nadia Busato indaga la vita di questa giovane donna, e lo fa raccontandola attraverso gli altri: la madre che se ne andò di casa, la sorella, il fidanzato, il poliziotto che per primo la vide dopo lo schianto, il fotografo Robert Wiles. La racconta anche grazie a persone che non la conobbero mai: un uomo che si gettò dall’Empire quindici anni prima di lei (Friedrich Eckert, primo suicida dall’inaugurazione del grattacielo) e una donna che nel 1979 fu ributtata indietro dal vento e cadde sulla terrazza sottostante, rompendosi l’anca e rimanendo viva.
Evelyn, la ragazza “che tendeva a perdersi in se stessa e a bruciarsi le vie di fuga”, arriva solo nelle ultime pagine; a quel punto, ci sembra di conoscerla già a fondo.
Forse capitano in tutte le vite momenti spaventosi in cui dentro un essere umano si fanno strada pensieri di morte. Momenti in cui certe cose oscure che abbiamo il compito di tenere a bada si liberano, e ci sfiorano le pareti del cervello come tentacoli di medusa. Quando non riusciamo a vedere la fine di un dolore. Quando l’esistenza ci sembra solo una lunga attesa, e ci chiediamo se la vita per noi diventerà mai vera o se siamo invece destinati a essere solo spettatori delle felicità altrui. Quando le ombre ci prendono, e quella che stiamo percorrendo diventa una strada senza luce. In quei momenti può bastare un niente: il confine tra il gettarsi e il non gettarsi è fatto di attimi. Se siamo fortunati, o appena più presenti a noi stessi, l’ombra che ci ha presi allenta la morsa, e riusciamo a dirci che forse vale la pena rimanere a lottare, e restare vivi per quella luce alla fine della strada che per ora non vediamo ma prima o poi ci sarà. Per Evelyn McHale non è stato così.
Nadia Busato ha fatto un lavoro notevole. Si è documentata per anni, e poi ha iniziato a scrivere immaginando il resto. Questo romanzo fatto di racconti, delle voci di tante persone diverse chiamate a raccontarne una, ha capitoli più preziosi di altri. Ce ne sono alcuni in cui Busato avrebbe potuto essere più limata in fase di editing: il libro ne avrebbe giovato. Ma in altri ci sono momenti di splendore. 

 

NON SARO' MAI LA BRAVA MOGLIE DI NESSUNO
Nadia Busato
Sem, 255 pp., 16 euro

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