copertina del libro di P. Battista, "Il professore ebreo perseguitato due volte" (La Nave di Teseo, 2025)

Uffa!

Tullio Terni pagò due volte il prezzo dell'essere ebreo

Giampiero Mughini

Ne "Il professore ebreo perseguitato due volte" Pierluigi Battista racconta la storia di una doppia umiliazione: Terni fu rimosso dall'Accademia dei Lincei dal fascismo, e poi ricevette il diniego della sua richiesta di riammissione nel Dopoguerra. Una punizione per aver giurato (come molti altri) fedeltà al regime

E’ un libro breve fino all’essenziale. E’ un libro agghiacciante "Il professore ebreo perseguitato due volte" (La Nave di Teseo, 2025) di Pierluigi Battista, ex vicedirettore del Corriere della Sera, “Pigi” per quanti di noi lo conoscono dai tempi dei suoi ormai lontani esordi professionali. E’ successo che Battista fosse andato chiedendo ai suoi amici se sapessero nome e destino di un ebreo italiano di nome Tullio Terni, ebbene nessuno quel nome lo conosceva. Lo avesse chiesto a me, avrei risposto che non ne sapevo nulla. Era un professore italiano, docente all’Università di Padova, che aveva cinquant’anni nel 1938, al tempo delle infami leggi antiebraiche, quando agli ebrei italiani venne proibito di figurare persino nell’elenco telefonico. Ai professori universitari italiani venne imposto di giurare fedeltà al fascismo, in 1200 dissero di sì e la giurarono, in dodici dissero di no. Del resto lo stesso Benedetto Croce aveva detto pubblicamente che quel giuramento non significava nulla e moralmente non contava nulla. 


Terni, che era ebreo, e che non era fascista affatto, giurò. A Liberazione avvenuta un’apposita commissione vagliò il comportamento di quelli che avevano giurato. A causa di quel giuramento, o meglio ancora a causa di una lettera disperata che lui a suo tempo aveva inviato ai capi del fascismo affinché cessassero di tenerlo nel mirino della persecuzione antiebraica, Terni venne punito con il diniego della sua riammissione all’Accademia dei Lincei, da cui lo aveva rimosso il fascismo. E dire che in quella commissione c’erano dei suoi amici che lo conoscevano bene. Terni conservava una pillola di cianuro che s’era procurato ai tempi del fascismo imperante, ove gli avessero messo le mani addosso i fascisti italiani o le SS. Avvilito da quella sua espulsione e dal fatto che gli stessi suoi amici antifascisti gli negassero la riammissione all’Accademia dei Lincei, la pillola la ingoiò il 25 aprile 1946, all’età di 58 anni.

Nessun altro tra quelli che avevano giurato nel 1938 venne particolarmente represso o perseguitato. Ciascuno di loro aveva cercato un appiglio per attenuare l’umiliazione, per non fare emergere nella vita pubblica italiana le inevitabili contraddizioni della propria identità. Tra il 1938 e il 1939 ben 3880 ebrei si convertirono al cattolicesimo. Battista scrive così: “Le parrocchie diventano una fabbrica a pieno ritmo di certificati di battesimo. Spesso concessi per solidarietà umana. Ma troppo spesso falsi, accompagnati da numerosi e comprovati episodi di corruzione: il ‘nuovo mercato delle indulgenze’, è stato detto”. Del resto Terni non è la sola vittima di quella putrida soperchieria. Nel novembre del 1938 uno dei più originali e raffinati editori italiani, Angelo Fortunato Formiggini, a Modena si lanciò giù dalla Torre della Ghirlandina con in tasca una lettera indirizzata a Benito Mussolini. Ciò che Achille Starace, uno degli uomini al vertice del fascismo, commentò da par suo: “E’ morto come un ebreo, si è buttato da una torre per risparmiare un colpo di pistola”. Così come ciascun ebreo, seppur di rilievo, cercò una sua strada per sfuggire a quanto avevano di più aguzzo le grinfie del fascismo. Un intellettuale di valore quale lo storico Arnaldo Momigliano scrive a Bottai vantandogli il fatto che suo padre fosse stato segretario del Fascio di Caraglio (il paese natale della famiglia Momigliano), e aggiunge che ai tempi dell’omicidio Matteotti suo padre non avesse dubitato un attimo delle ragioni del fascismo e dunque dei suoi squadristi. Neppure un attimo.