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Uffa!

Dall'ultimo Stalin a Brigitte Bardot, il racconto senza impicci di Solinas

Giampiero Mughini

Viene dalla destra ma è stato sempre un uomo libero. Il suo ultimo libro, "Supervagamondo", è un'opera mastodontica e sontuosa, dai viaggi nell'Algeria post-coloniale agli anni in Urss, Praga e il rock'n roll

E per quanto io non ami i libri talmente massicci (quelli che vanno oltre le 600-700 pagine ciascuno), convinto come sono che ci guadagni se riesci a scrivere quello che ti sta a cuore in cinque pagine anziché in dieci, non riesco a trovare altro aggettivo che “sontuoso” a identificare questo recentissimo libro di Stenio Solinas, Supervagamondo, ennesima gemma delle edizioni Settecolori che di pagine ne vanta ben 784. Intellettuale  di quelli che emersero dalla “nuova destra” italiana degli anni Settanta-Ottanta, oggi firma di punta del "Giornale", Solinas ha girato per lungo e per largo le tante traiettorie del Novecento e degli anni iniziali del secolo che stiamo vivendo. 


Dalla politica alla letteratura nulla gli è estraneo. Viene sì dalla destra ma è perfettamente libero dagli impicci che questo comporterebbe. Lo incontrai per la prima volta in una stanzuccia dov’era la redazione di una rivista diretta da Pino Rauti. Era il tempo in cui stavo lavorando a un documentario Rai che doveva esplorare gli uomini e le fisionomie della sorgente “nuova destra” che ho già menzionato, gente quale Marco Tarchi e Giuseppe Del Ninno per intenderci. Da allora la sua voce racconta l’evoluzione di quel gruppo, e Solinas lo fa innanzitutto con il suo lavoro giornalistico che lui ha adesso raggrumato nel libro da cui sono partito e che è un vero pozzo senza fondo da quanti libri e personaggi e date rilevanti mette a fuoco. 


E’ passato mezzo secolo da quando mi trovai accanto Solinas in occasione della proiezione in anteprima del documentario che avevo citato. Era ancora il momento in cui la società italiana era spaccata in due parti contrapposte, destra e sinistra per l’appunto, gente che ci teneva così tanto a mantenere le partizioni ideologiche che avevano infiammato il Novecento. Stenio mi salutò con un qual certo pudore, pensava forse che io ritenessi quelli di destra un po’ meno esseri umani degli altri, pensiero che non mi ha mai sfiorato neppure lontanamente. Superfluo dirvi che oggi Stenio è uno dei miei amici più cari, ma anche un intellettuale con cui la mia sintonia è profonda. E questo perché al solo pronunciare i termini “destra” e “sinistra” di cui si sono nutrite così a lungo le ultime generazioni, io mi annoio. Meglio ancora, quelle denominazioni non mi servono più a niente nel cercare di capire quell’odierna società che sta mutando d’ora  in ora. Ne abbiamo fatto di cammino, gli uni e gli altri. Per fortuna.


C’è di tutto in questo libro. I viaggi dell’autore in un’Algeria da dove erano stati espunti i colonizzatori francesi ma dove si stavano massacrando gli stessi algerini come pure la visita al cimitero russo dove riposano Vladimir Majakovskij e Sergej Eisenstein; la dolorosa storia d’amore tra Serge Gainsbourg e Brigitte Bardot; la Praga di quando fu sommersa dai carri armati russi che bramavano esportare il “socialismo”; la “battaglia d’Inghilterra” in cui fu stoppato l’assalto nazi che diede origine alla Seconda guerra mondiale; l’avvento del rock’n roll e quel che ne venne in fatto di trasformazione della condizione giovanile dei ragazzi che vivevano in occidente; gli innumerevoli episodi in cui l’ortodossia bolscevica “sequestra” l’arte e la vita riraccontandole a modo suo; il giorno in cui Stalin ebbe l’infarto che lo ucciderà e nel Cremlino non si trovava un medico che fosse uno perché erano tutti in carcere chi per una ragione chi per un’altra. E a proposito degli anni in cui in Urss la fece da padrone Koba il terribile, Solinas scrive così: “Soltanto l’invasione tedesca nella Seconda guerra mondiale mise un freno a quel concentrato di paranoia, cinismo e terrore che era stato proprio dello stalinismo, naturale sviluppo, del resto, di una rivoluzione nata all’insegna della nessuna pietà nei confronti del nemico, reale, supposto, immaginario, e proseguita nella logica del terrore come strumento di governo”.

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