Photo by Nathan Anderson on Unsplash 

uffa!

"Grandi tette, questo vogliono gli italiani". Balletti, eroe dell'editoria erotica

Giampiero Mughini

Il principe dell'eros e il racconto degli anni Settanta: "Scoprimmo che le nostre fantasticherie non erano poi così inattendibili: esisteva un vissuto segreto degli italiani che andava oltre i romanzi, i film e la commedia”.

Nato nel 1942 a Palermo, un siciliano che non smetterebbe di essere siciliano neppure dopo aver vissuto cent’anni a Singapore o a Chicago, uno ben contento di somigliare fisicamente a Giorgio Gaber, da direttore e talvolta fondatore di magazine dov’erano sgargianti le foto di belle ragazze con poca stoffa addosso, Massimo Balletti è stato un protagonista di quando l’editoria di giornali e riviste di carta vantava vendite nell’ordine delle centinaia e centinaia di migliaia di copie a botta e se ne arricchivano i suoi editori. Quel che Balletti racconta in questo suo recentissimo Il principe dell’eros, un libro lungamente voluto e covato da Francesco Coniglio in una collana da lui diretta di iacobellieditore. 

 

Balletti aveva 26 anni quando nel 1969 venne chiamato da Adelina Tattilo a fare da caporedattore del settimanale Men, dove prese il posto che era stato di Pier Francesco Pingitore, il futuro inventore della saga teatrale e televisiva del Bagaglino. La loro redazione romana era a Lungotevere dei Mellini, in un palazzo dove al quarto piano stava l’ufficio di Pierluigi Praturlon, un altro di quei fotografi di gran talento che nella Roma dai Cinquanta ai Settanta passavano sotto il nome di “paparazzi”. A Men collaboravano il grande Giancarlo Fusco (le pagine a lui dedicate sono fra le più belle del libro), Franco Valobra, Giò Stajano. Erano gli anni in cui destava gran scandalo in Europa la canzone “Je t’aime… Moi non plus” che Serge Gainsbourg aveva scritto per Brigitte Bardot e dov’era questione di un uomo che copulava con una donna. Accadde poco dopo, nell’agosto 1970, che il marchese Camillo Casati Stampa di Soncino in un accesso di gelosia uccidesse la moglie e il suo amante per poi togliersi la vita nella sua casa romana a Porta Pinciana. Ovviamente per tutto il giorno a Men non si parlò d’altro, trattandosi di un fatto di cronaca che coagulava il sesso, il denaro quando è tanto, la morte violenta. Nell’intento di preparare un corposo numero speciale sul fattaccio, alle nove di sera Balletti era ancora in ufficio quando sentì suonare il citofono. Vide un uomo che teneva in mano una grossa valigia. Lo fece salire. Quello non disse neppure una parola, si limitò a tirare fuori dalla sua valigia centinaia e centinaia di foto dove la defunta marchesa Anna Fallarino era ritratta nel pieno della sua “spensieratezza”. Ne chiese un milione di lire, andava bene anche un assegno maledetto e subito. Balletti lo firmò. Dopo di che chiamò i suoi collaboratori e si misero immediatamente al lavoro. “Non era un film. Non erano attori in scena. Erano persone vere e per di più di gran nome”. Il numero di Men corredato di quelle foto vendette oltre 300 mila copie. Scrive Balletti: “Da quel momento noi della stampa cosiddetta erotica diventammo consapevoli che le nostre fantasticherie non erano poi così inattendibili: esisteva un vissuto segreto degli italiani che andava oltre i romanzi, i film e la commedia”. Dell’uomo con la valigia non seppe mai più nulla. 

 

Quanto all’editoria italiana “erotica” dei primi Settanta s’era accesa una guerra all’ultimo sangue tra due editori che nella vita erano stati moglie e marito, l’Adelina Tattilo capintesta di Men e Playmen e il catanese Saro Balsamo. Quest’ultimo alla fine del 1970 strappa il prode Balletti alla sua ex moglie e lo convince a installarsi nei suoi uffici milanesi di via Fatebenefratelli dove Balsamo sta dando il via a una ambiziosa rimodulazione editoriale del settimanale Le Ore nato negli anni Sessanta cui modificò il titolo in Le Ore della settimana. E qui, nel racconto di una città, la Milano dei Settanta palpitante di vita e di creatività, Balletti raggiunge il fulcro del suo raccontare: fossi stato in lui, il libro lo avrei fatto partire da queste pagine. Dedicate a una Milano folta di personaggi impagabili tra i quali scorrazza il nostro eroe, a cominciare dallo stesso Balsamo che non la smette di raccomandargli “Massimo grandi tette, questo vogliono gli italiani”, Luciano Bianciardi che si aggira per le redazioni, la “bellissima” Grazia Neri che crea un’agenzia giornalistica prestigiosa, il famoso ex corrispondente Rai dall’America Ruggero Orlando che con il settimanale ABC tenta una via giornalistica inedita resa ancora più impervia dalle sue continue litigate con l’editore Francesco Cardella, l’inglese Mister Sely che rappresentava in Italia il settimanale tedesco Stern e al quale Balletti chiede perché mai mettessero sempre in copertina delle fiorenti ragazze che c’entravano nulla con il contenuto del giornale. Perché tre volte abbiamo provato a non mettercele e tutt’e tre le volte le vendite sono andate malissimo, risponde quello. E’ un’Italia, scrive Balletti, che se non è diventata la nazione più chic al mondo è comunque divenuta la nazione la più cara al  mondo. Racconta che in occasione di un suo viaggio a New York entra in un locale celeberrimo, il Copacabana all’inizio della Quinta strada dove pagavi in un’unica soluzione tanto la cena che la prestazione canora dal vivo della leggendaria Sarah Vaughan. Quando a Battelli presentarono il conto, 22 dollari, valutò che corrispondeva a un terzo di quello che si pagava in Versilia per un concerto di Mina.

 

Nel 1974 Balletti fece retromarcia e rientrò nel reame della Tattilo, a fare il braccio destro del Luciano Oppo che dirigeva Playmen, uno dei grandi magazine dell’Italia dei Settanta. Balletti scrive che nella sua edicola la pila delle copie di Playmen stava al centro di una piramide ai cui fianchi c’erano le copie dell’Espresso e di Panorama, due settimanali che messi assieme vendevano un milione di copie. Lui ha poi continuato a fare e inventare giornali uno dopo l’altro. Ad alcuni dei quali è stato così accorto da farmi collaborare. Mi pagava benissimo. Cifre che oggi nessun giornale di carta verserebbe neppure a tal Ernest Hemingway. 

Di più su questi argomenti: