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Due cuori e una cooperativa. Dopo la pandemia la casa diventa un lusso inarrivabile

Giacomo Giossi


Periferie, affitti altissimi, sfratti aggressivi. Ma le cooperative mostrano un’alternativa. In "Come fare casa", Stefano Tropea guida al valore del diritto all’abitare in città dove prezzi e speculazioni crescono senza sosta

Si diceva che dalla pandemia ne saremmo usciti migliori e invece pare che a tre anni abbondanti di distanza dalla fine dello stato d’emergenza, fissato 31 marzo 2022, ne siamo usciti solo più in periferia; salvo chi si è ritrovato le chiavi (anticipatamente sui tempi previsti e prevedibili) della casa liberata da nonni e parenti prossimi caduti in disgrazia da Covid. Ora che la pandemia è stata rimossa anche dalle coscienze più sensibili ci si ritrova così circondati da agenti immobiliari influencer e in odore di zolfo che da quello più palestrato a quello più vanesio, da quello più sexy a quello più pacioso offrono tutti appartamenti eccezionali e sopratutto le cui richieste economiche sono sempre “ottime”, ovvero dai dieci a ai quindicimila euro al metro quadro. Così succede che persino a New York oltre che a ritrovarsi tutti più in periferia ci si ritrovi anche tutti un po’ più socialisti perché il tema casa è stata una delle promesse più seducenti del nuovo sindaco Zohran Mamdani che s’impegna a garantire affitti calmierati e prezzi abbordabili anche da una classe media in via d’estinzione. Come fare casa (Quodlibet) a cura di Stefano Tropea contiene una vera e propria guida non solo all’acquisto di una casa partendo da quello che è il concetto di casa cooperativa e di comunità (bellissimo e utilissimo l’Abbecedario per l’abitare cooperativo di Gaspare Caliri che apre il volume), ma recupera il senso e il valore di un diritto che dovrebbe essere inalienabile per ogni essere umano e che invece vediamo messo in discussione quotidianamente anche con modalità di sfratto aggressive che trovano spazio anche in città come la civilissima Bologna. Un conflitto aspro e perenne tra proprietari e affittuari che non sembra portare mai a nulla di buono e tanto meno ad un abitare condiviso, relazionale e comunitario, ma a più selvaggiamente a una naturale prevaricazione sul prossimo. L’esperienza delle cooperative di abitazione va invece nella direzione opposta ed è figlia di una tradizione che in Italia non solo è centenaria, ma come poche cose in questo paese anche estremamente virtuosa. Ideato in occasione della sesta edizione del concorso AAA architetticercasi e del settantesimo anniversario di Confcooperative Habitat, Come fare casa si occupa di esplorare le possibilità dell’abitare contemporaneo, tra innovazione, pratiche di condivisione e nuovi usi degli spazi. Oltre la casa fatta di muri, grès porcellanato e cabine armadio walk-in è infatti necessario prendere in considerazione la qualità dei servizi offerti in spazi urbani sempre più destrutturati. Recuperare un’idea fortemente relazionale dell’abitare non è solo un concetto esistenziale virtuoso, ma una necessità fondamentale là dove gli orari sono fluidissimi, ma gli stipendi sono la mera espressione di un precariato dai margini risicatissimi. Un vicino affabile e disponibile a dare una mano diviene così una forma di protezione che la tradizione dell’abitare cooperativo può garantire in forma organizzata e strutturata oltre che un modo per andare oltre la vista tangenziale e la fatica di una vita fuori porta. 
 

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