
Terrazzo
Cortina senza cumenda, ma con l'architettura. 70 anni dopo il sogno di Mattei e Gellner
A Borca di Cadore nel villaggio Eni voluto negli anni Cinquanta da Enrico Mattei e Edoardo Gellner. Dove si inventavano le prime vacanze - interclassiste- degli italiani
Altro che giro di Rolex! Mentre incombono i lavori per le Olimpiadi Milano-Cortina 2026, salendo su da Mestre verso il Cadore, i tempi di percorrenza probabilmente sono ancora quelli dell’Ottocento, tra le deviazioni e i tunnel in completamento (chissà se riusciranno a finirli in tempo). Ma invece di arrivare a Cortina ci si ferma a Borca di Cadore, quindici km dalla più celebre località yuppistica, anche per celebrare altre Olimpiadi. Qui operò, settant’anni fa, Edoardo Gellner, nome forse poco conosciuto ai più ma che per gli appassionati di architettura è un mito: un Mollino ampezzano. A lui vennero affidati molti lavori per le Olimpiadi appunto del ’56, e poi alcuni “landmark” cortinesi – il palazzo delle Poste eccetera – ma il suo capolavoro è a Borca, dove tirò su quella specie di Brasilia cortinese che è il villaggio Eni. Lì tra i boschi di larici e sotto il monte Antelao sorse un’altra manifestazione della visionarietà di Enrico Mattei, che aveva voluto, primo caso in Italia, un villaggio vacanze per i suoi dipendenti.
Se a San Donato Milanese c’era Metanopoli, “città ideale” per lavorare, qui si pensa infatti a un villaggio vacanze, ideale pure questo; e per di più villaggio interclassista, dove le case dei dirigenti dovevano sorgere accanto a quelle degli impiegati; e poi un centro sportivo, colonie per i ragazzini, campeggio. Insomma, una Cortina non solo per i cumenda. Al centro del villaggio, un’ enorme chiesa-astronave con pennone illuminato che si vede da molti chilometri. La storia del progetto meriterebbe un film, e si vede nel documentario “Villaggio Eni. Un piacevole soggiorno nel futuro”, di Davide Maffei, uno dei fondatori della Associazione Edoardo Gellner che organizza ogni anno un convegno in questi alti luoghi (ma dovrebbero girarci almeno dei videoclip, invece che andare sempre al Gallaratese).
Gellner con quel suo tratto un po’ Lloyd Wright un po’ Richard Neutra disegna le quasi trecento ville e villette rifuggendo dagli stilemi del “bello stile” cortinese, a partire dal tetto, che non è a capanna ma piano, e poi coi materiali, cemento e ferro, sfuggendo del tutto al kitsch montanaro da Ville&Casali e affidandosi ai colori, soprattutto giallo azzurro e rosso, e interni con finestre che si moltiplicano nel numero e nelle dimensioni, e un design totale che resiste fino a oggi. Armadi “midcentury modern”, in colori pastello, e atmosfera anche un po' californiana per sentirsi come in una Silver Lake ma in Cadore e non a LA, e dove il lago è quello di Braies (naturalmente aveva studiato la nozione di Neutra). All’epoca, apprezzamenti di Bruno Zevi, meno dai tradizionalisti della “splendida cornice”. E non ci fu neanche distruzione di foreste, fu anzi ripopolato un bosco.
Oggi le ville e villette sono state comprate da una società e in gran parte rivendute; sopravvive l’albergo “Boite” sempre disegnato da Gellner dove quasi tutto è ancora originale; per i feticisti del mito Eni si può perfino omaggiare fantozzianamente la statua del fondatore (ma postuma al progetto) o sorseggiare il caffè in tazzine col logo del cane a sei zampe. La chiesa, questa sì a tetto spiovente, vide la collaborazione con Carlo Scarpa, che era stato maestro di Gellner allo Iuav (cazziandolo sui disegni); Scarpa arriva a Cortina e per la prima volta fa un progetto non in Laguna, e in montagna. Si piazza a casa Gellner e il suo carattere è tale che dopo molte critiche alla sua cucina, la povera signora Gellner a un certo punto gli dirà: “Lei è l’architetto non Scarpa, ma ciabatta!”. Poco nota anche agli adepti del culto scarpiano, la chiesa, in cemento armato fuori, dentro invece ha materiali francescani, legno, pietra, e ancora cemento ma trattato a mano, come mostra al Foglio Michele Merlo, architetto e che manda avanti lo studio Gellner ancora oggi. L’altare è rivolto verso il popolo, cosa avveniristica per un’opera anni Cinquanta, prima del Concilio Vaticano II (e infatti all’inaugurazione il Vescovo di Belluno gliene disse di tutti i colori, a Gellner, a Scarpa e a Mattei).
Anche il rapporto tra Gellner e Mattei, ennesima variazione sul tema committente/architetto, varrebbe un film: Gellner, istriano di Abbazia, nel Carnaro, è di cultura tedesca, si muove a suo agio nella Mitteleuropa ed è tra i pochi che ha studiato e visto Loos e Hoffman. Mattei (foto sopra) a Cortina viene frequentemente, e vuole realizzare il suo sogno interclassista: far fare le vacanze ai dipendenti (una cosa assolutamente innovativa per l’epoca). Si fida ciecamente di Gellner, che ha una formazione pratica, col padre che ha un’azienda fiorente di insegne, e nell’Italia che si avvia all’architettura come materia soprattutto teorica e politica, a lui piace invece costruire, e bene. In passato si è specializzato nelle hall di grandi alberghi, tra il Cadore e Fiume, e adesso incontra il sogno di ogni progettista, il Grande Committente che non bada a spese, e dotato di poteri quasi assoluti. Entrambi maniaci del dettaglio (oggi diremmo control freak): e grandi ego, e si intitolava infatti “L’ego dell’architetto” il convegno di questi giorni qui al villaggio Eni. Si conoscono perché l’Agip è sponsor delle Olimpiadi del 56, e Gellner fa il primo MotelAgip (quello che si vede entrando a Cortina, oggi hotel Dolomiti). Per Borca Gellner disegna tutto, dalle stube in vari colori e disegni, ai letti, agli sgabelli per le camerate dei bambini. Si piacciono, e vanno d'accordo, con dei distinguo. Gellner voleva dei casoni unitari e Mattei invece ville e villette, e per fortuna vince il committente. Mattei però – curiosamente, guidando un’azienda petrolifera – aveva un’avversione alle auto, e non voleva che i suoi dipendenti andassero in vacanza in macchina, e spinge perché gli venga rimborsato il viaggio in treno, ma Gellner che conosce gli italiani meglio di lui pur con la provenienza istriana (o forse perché ha visto Neutra in California, dove la casa è un garage con l’abitazione intorno), disegna comunque e di nascosto da Mattei i box. Alla fine si scopre che i dipendenti coi rimborsi spese si compravano segretamente la 600. E così oggi le splendide villette hanno tutte il loro garage (ma a misura di 600, il Suv forse non entra).
Il connubio tra i due genera storie notevoli: ecco che tra i boschi spunta una grande gabbia di ferro disegnata da Gellner, per due orsi che un ministro russo aveva regalato a Mattei dopo qualche affare petrolifero. Mentre la folta presenza di mogano negli interni si deve anche a una nave carica del pregiato legname che era stata data all’Eni in pagamento sempre di qualche affare (chissà oggi la procura di Milano cosa direbbe! Abuso di mogano! E pure di orso). Alla morte di Mattei nel noto incidente aereo finisce tutto. Gli uomini dell’Eni bloccano immediatamente il progetto, che prevedeva ulteriori costruzioni ed esborsi. Gellner subirà il contraccolpo, anche psicologico. Oggi il villaggio è visitato da appassionati, l’hotel da sportivi anche russi e inglesi che la mattina si alzano presto per le loro escursioni e non fanno caso alle tazzine col cane de a sei zampe, e non hanno la minima idea di dove si trovano. Alcune villette (con arredi originali) sono ancora in vendita.

Terrazzo