Foto Ap, via LaPresse

Terrazzo

Tutti nudi con l'intelligenza artificiale

Michele Masneri

Mentre l'Unione europea ha varato l'AI Act emerge che l’uso più immediato dell’AI per ora non è il giornalismo, bensì il porno

Mentre tutti stiamo qui ad angosciarci nel timore di essere un giorno sostituiti dall’intelligenza artificiale, mentre l’Unione Europea ha varato l’AI Act, il primo regolamento del settore (l’Unione europea è la Silicon Valley delle regole, ne nascono più a Bruxelles che in qualunque altra latitudine), una consolazione natalizia sarebbe che forse tutte queste paure sono largamente esagerate. 


Certo, notizia di questi giorni è la piattaforma di notizie  “Upday” del gruppo tedesco Axel Springer che licenzia giornalisti e funzionerà  solo con l’AI, ma a parte che chi l’aveva mai sentita nominare,  già diversi siti di informazione finanziaria usano l’intelligenza artificiale  (e molti di noi peraltro aspettano con trepidazione un futuro di AI-giornalisti, per pezzi “di servizio” e settoriali che saranno scritti comunque meglio di quelli umani, almeno la grammatica sarà corretta, e meno male non ci saranno voli pindarici con la parola straniera scritta sbagliata e il fil rouge). 

 

Ma l’uso più immediato dell’AI per ora non è il giornalismo, bensì il porno. Settore che probabilmente verrà rivoluzionato (del resto fu anche il primo sbocco dell’introduzione di Internet). Fine dunque dei pornoattori? Del resto la complessità di posizioni e composizioni di un porno medio sono forse inferiori anche alle proposizioni di un articolo medio di giornale. Certe situazioni standard, lei seduta sul divano, lui che suona il campanello, equivalgono alla “splendida cornice” per indicare situazioni di pregio  e all’“iconico” per dire qualcosa di grazioso da parte dell’articolista. 

 

Ma qui si parla di un altro tipo di porno. Secondo Time Magazine le app per “vedere nudo” chi vogliamo sono in costante aumento. App che fanno come gli occhialetti a raggi x che si vendevano per corrispondenza negli anni delle nostre infanzie promettevano,  guardare attraverso i vestiti delle signore, con la differenza che ora funzionano ricreando la nudità ove non stava, col famigerato “deepfake”, cioè la gran finzione, da non confondere col deep state che tormenta i sovranisti. Le ricerche e i link sui social che portano a questo tipo di app “nudify” sono salite del 2400 per cento da inizio anno, dice.  

 

La diffusione è altissima anche perché i codici di queste intelligenze scollacciate sono “open source” quindi qualunque smanettone può mettersi lì e inventarsi i nuovi occhialini. Ovviamente si pensa come target di questa nuova pornografia non consensuale alle celebrità (vedere  nudi Draghi, Meloni, forse finanche Lollobrigida avrà un suo pubblico) ma ci sono usi anche più domestici e di varia criminalità. TikTok ha bloccato le ricerche con parola chiave “undress” cioè “spogliare” per timore che indirizzassero a questo crescente pubblico di sporcaccioni. E a novembre uno psichiatra infantile in North Carolina è stato condannato a 40 anni per aver usato queste applicazioni contro i suoi clienti, prima applicazione penale del settore nudify. 

 

E poi c’è la tv. Certo, dell’AI son stati fatti usi “alti” come ridar voce a Andy Warhol nella serie a lui dedicata (però forse con autogol, la sua voce stentorea fa venir voglia di cambiare canale e toglie molto al mito. Tanti miti era meglio che stessero zitti), ma per ora l’utilizzo più curioso del mezzo è quello del format “Deep fake love” che è una Temptation island però con la AI. Come funziona è abbastanza intuitivo, se nel gioco originale i concorrenti sono messi di fronte alla possibile infedeltà dei loro partner, visualizzando e più spesso sbirciando e intuendo i di loro approcci, qui invece mariti e mogli e fidanzate “faranno roba” con i tentatori, ma tutto è ricostruito col computer. I primi a realizzarlo e mandarlo in onda sono gli spagnoli con “Falso amor” prodotto da Banijay Spagna e in onda su Netflix. Lì i consueti coatti che devono testare il loro “percorzo” di coppia si dividono  in due diverse ville, “Marte” e “Venere” e devono capire se sfregamenti e slinguamenti dei loro congiunti sono veri o è la loro versione digitale. La coppia che ci casca di meno vince centomila euro. Per rimanere però  in territorio nazionale e più tranquillizzante, va detto che anche la trasmissione Forum da settembre ha introdotto l’intelligenza artificiale, che viene interrogata nei casi giuridici più spinosi. Per ora senza mandare in pensione i Santi Licheri del caso. Ma forse in futuro sarebbe un sistema anche per abolire le correnti nella magistratura, meglio dei test psicoattitudinali, Nordio comunque è avvertito, vabbè. 
 

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  • Michele Masneri
  • Michele Masneri (1974) è nato a Brescia e vive prevalentemente a Roma. Scrive di cultura, design e altro sul Foglio. I suoi ultimi libri sono “Steve Jobs non abita più qui”, una raccolta di reportage dalla Silicon Valley e dalla California nell’èra Trump (Adelphi, 2020) e il saggio-biografia “Stile Alberto”, attorno alla figura di Alberto Arbasino, per Quodlibet (2021).