Fondazione Luigi Rovati (di Giovanni De Sandre e Daniele Portanome via Google Maps) 

Terrazzo

Gli etruschi a Milano

Giulio Silvano

La visita alla fondazione Luigi Rovati è un incontro quasi naturale, tra primitivismi novecenteschi e aura religiosa degli oggetti

Mio marito colleziona manufatti etruschi, io colleziono arte contemporanea,”, racconta al Foglio Giovanna Forlanelli mostrando l’atrio, “e così è nato questo spazio, questo museo” dove troviamo urne funerarie del VII secolo a.C. accanto a opere di Roberto Matta. Milano è come una capitale europea, si sente dire, e si storce il naso per l’esaltazione dei grattacieli di City Life, ma poi quando si entra in posti come la fondazione Luigi Rovati viene il dubbio che possa esserlo davvero. Il palazzo ottocentesco di corso Venezia che fu prima del principe di Piombino, poi della famiglia Bocconi e infine dei Rizzoli – ci abitò la figlia di Angelo, Pinuccia Rizzoli Carraro – è stato acquistato dai Rovati nel 2015.

 

Nell’atrio troneggia la statua del dott. Luigi Rovati, morto nel 2019, che negli anni Sessanta fondò la multinazionale della farmaceutica con sede a Monza, il Rotta Research Laboratorium, ora Rottapharm, azienda nota per il sapone intimo Saugella. Il palazzo mantiene la facciata ma dentro ci ha messo le mani, e le scavatrici, Mario Cucinella e la sua Mca Architects, costruendo un ipogeo con cupole rivestite in pietra che ospita, in splendide vetrine triangolari, vasi etruschi e di Picasso, oreficeria antica, statuine votive vicino a incursioni di Alberto Giacometti e di Lucio Fontana, bronzi con teste di ariete e di pantera, meravigliosi bronzetti con scene di caccia rituale, la testa di Acheloo e una paletta per l’incenso da usare per i riti del dio dei boschi Selvans.

 

Un incontro che sembra quasi naturale, tra primitivismi novecenteschi e aura religiosa dell’oggetto, in un ambiente effetto caverna con pareti ondeggianti di pietra serena e calotte sferiche. Niente polvere, niente vetrinette traballanti da vecchia collezione civica. Qui sotto Angelo Rizzoli voleva farci un cinema, ora sembra una Necropoli 2.0 con architettura sostenibile, come portare Cerveteri in Lombardia e milanesizzarla un po’. “Volevamo materiali sostenibili e naturali”, continua Giovanna Forlanelli, presidente della Fondazione, di cui si occupa col marito Lucio Rovati e la figlia Lucrezia. 

 

Dalle finestre del piano nobile da una parte si vede il giardino, tutto risistemato, sempre aperto al pubblico, e dall’altra il planetario Hoepli. Per una sala è stato chiamato Giulio Paolini – “installazione site specific” – per un’altra, tutta fucsia, divertentissima e pazza, Luigi Ontani. E poi De Chirico e cippi marmorei, cavallino di Ai Weiwei vicino a un elmo, punte di lancia e boiserie, e una scena rituale etrusca di Andy Wharol con tanto di disegni preparatori. In cima c’è un ristorante stellato, al piano terra un bistrot. Nel bookshop Johan & Levi – bellissima casa editrice fondata da Forlanelli – c’è anche il merchandising del museo, molto upscale, molto British Museum, senza paccottiglia da turisti, con tote bag e t-shirt con sagome etrusche. “Mi piacerebbe diventasse la libreria del quartiere”, dice la presidente.

Di più su questi argomenti: