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Terrazzo

Contro ogni previsione

Carlo Antonelli

Con la pandemia è finito il '900, stavolta per davvero, altro che postmoderno e postpost ridotto a zero. La prova? Leggete "Documanità" di Maurizio Ferraris. Ne vedremo (ne stiamo vedendo) delle belle

I più onesti tra i previsori di tendenze avevano chiuso baracca dopo l’11 settembre, 20 anni fa. Nessuno di loro (e vien da dire, di noi) aveva notato la rinascita esplosiva e mondiale del fenomeno religioso, tantomeno estremista, se non segmenti dell’intelligence purtroppo imbambolatisi. Si parlava d’altro, fregnacce fondamentalmente. La pandemia ha improvvisamente ringalluzzito gli animi, anche per il cambio di generazione. Sono stati 14 mesi che hanno visto report fioccare da tutte le parti su cosa sarebbe stato il post.  Rapporti-bomba fioccano da tutte le parti. Senza contare l’ossessione per la misurazione, diciamo, del comportamento del consumatore che ormai occupa powerpoint senza fine che le varie agenzie di consulenza classiche (da Accenture a Deloitte alla kinky-montanara Salesforce) sputano a raffica.

 

E ci mettiamo anche quelli delle piattaforme digitali che nel frattempo mettono urgenza terminale alle aziende nel correre ai ripari per sopravvivere nel mondo ibrido/blended/ diboscoediriviera che finalmente e’ sbocciato fuori, “neurodiritti” e difesa dei diritti del cittadino inclusa, vedi la fine dei cookies, ecc. Tentativi, spasimi, specchi per le allodole, mai così amate (dopo le piante e i funghi e i polpi, è sull’intelligenza degli uccelli il focus della conversazione in questo momento, sappiatelo, vedi immancabile Internazionale di due numeri fa). Perché la questione vera è questa: come scrive Maurizio Ferraris nel sorprendentemente arguto “Documanità” appena uscito da Laterza, con questo Covid è finalmente finito il Novecento, che non è il secolo breve che diceva quello, ma un secolo lungo e tagliato in modo differente – 1920-2020.

 

Ed è sbucato solo adesso il secolo nuovo, che solo ora come farfalla a lungo imbozzolata salta fuori, provocando la meraviglia verso esseri e mondi (che siamo noi ora, che sono i nostri ora) del tutto nuovi, sconosciuti, iridescenti e per forza infantili, perché appena nati. E finalmente si esce dalla cultura vegliarda dominante e devastante per ultime 3/4 generazioni e si intravedono forme inedite, mutanti (sì, citiamo anche gli anni Novanta, molto utili e intuitivi e da rivalutare), rilassate, libere e sperimentali nelle forme di aggregazione e di solitudine. Senza mancare di rispetto alla crescita della sofferenza anche sociale, non ancora esplosa del tutto, ma vedrete che roba alla “Joker” tra poco. Siamo qui per dare dei dispacci da questo nostro nuovo mondo. Dentro questo quadro retro-chic dove ci leggete, si cela l’ascensore per l’uscita dalla nostalgia, l’ascensore per i mondi dove si respira di nuovo aria fresca. Non è quella a cui si ascende durante la videosfilata del centenario di Gucci che trovate su YouTube, né quella che non bastava per sopravvivere dentro i geodi per vivere sui pianeti lontani di Biosphere2 che racconta il pazzesco documentario “Spaceship Earth” che gira su Mymovies.

 

Forse è quella che si trova la pieghe sonore – in parte, è vero, derivative da un SunRa o una Alice Coltrane – che si aprono dentro certe playlist su Spotify (“Oblique”, “Fresh Finds: Experimental”) o a Venezia alla solita puntuale Fondazione Prada (“Sturm und Drang”, ma ci mettiamo pure tutti i loro cicli di ricerca sulle neuroscienze). Bolle d’aria, bolle, bolle. Proprio come quella – geniale – creata dall’Nba a Las Vegas per guadagnare lo stesso durante la pandemia e che la Super Lega di calcio stava cercando sgangheratamente di imitare. 


E’ una sorpresa continua, questa vita nuova qui. E saran pure dolori che levati, senza dubbio.  

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