Né TgDraghi, né TgMeloni. Il telegiornale di riferimento degli italiani ha mostrato l’attaccamento professionale al lavoro ben fatto, senza protagonismi. Merito di una ciurma solida, prevalentemente femminile, che ha trovato un un timoniere donna capace di valorizzarla
Il Tg1 è una strana bestia. Parlarne bene non viene naturale. Ha sempre affettato una certa ufficiosità politica, per così dire di regime, patinata di quirinalismo e papismo con l’aureola, radunando convenzionalismi e correttismi vari, effetti che lo depauperavano parecchio di senso giornalistico. Il famoso pastone, quando era prolisso e universale, rompeva parecchio le balle. I servizi dal mondo e dall’Europa sapevano di supervelina farnesinesca. Il comprensibile carattere filogovernativo, ci dovrà pur essere qualcuno che offre anche e in bella vista la versione dell’esecutivo, si associava al banalismo sociale e culturale, una Sanremo di successo e pailettes che era sempre e solo Sanremo. Con qualche eccezione, si ricorreva spesso alla concorrenza di Canale 5 e La7, per paura tra l’altro di morire di pizzichi e di noia.
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