Saverio ma giusto

Tranquilli, la shit storm non esce dai social

Saverio Raimondo

“Sessista!”: tempesta social per un monologo satirico non capito. Quiete nella vita reale

Martedì scorso, 4 ottobre, è andato in onda su Italia1 all’interno della trasmissione “Le iene” un mio monologo satirico, dove affermo di essere talmente sensibile alla body positivity da masturbarmi su foto di “bellezze non conformi”. Il monologo è visibile sul sito del programma, vi invito a guardarlo nella sua integrità – dura tre minuti e trentanove secondi, è a prova di soglia dell’attenzione bassa. Il giorno dopo sui social scoppia la polemica su quel mio brano di stand-up comedy: vengo accusato, con sdegno e in alcuni casi insulti, di essere disgustosamente sessista. A far partire la “shit storm” sono una sedicente (cito testualmente dalla sua bio su Instagram) “Creator digitale – Racconto il mio corpo – Combatto la grassofobia e la pressione estetica – Fat feminist – PARTECIPA AL CROWDFUNDING DEL MIO PODCAST” (il tutto maiuscolo è dell’autrice), e un profilo Twitter che di solito commenta (positivamente) il “Grande Fratello Vip” e quello che fa Giulia Salemi: la prima pubblica un reaction video di lei disgustata dal mio monologo (monologo che però nel suo reel viene manomesso: vengono tagliate tutte le mie battute contro il mio aspetto fisico, necessarie alla comprensione del pezzo, alla sua etica e alla sua deontologia; e inoltre la mia voce è manipolata con un filtro che la rende più acuta, come se non fosse già abbastanza fastidiosa al naturale… non è forse voice shaming, questo?); la seconda posta solo un minuto e diciassette della mia performance, decontestualizzando così le mie battute, e dicendosene “sconvolta” (cit.). Nelle stesse ore Vladimir Putin minacciava il mondo con la bomba atomica – persone grasse incluse; ma la prima non ha ritenuto di fare alcun video scandalizzato a riguardo, né la seconda ne è stata minimamente turbata come dalle mie battute – evidentemente entrambe devono vivere in bunker atomici a prova di Armageddon.

 

Le reazioni che hanno suscitato online si sono divise fra chi era indignato dal mio monologo (per lo più profili anonimi, con nickname e foto profilo non identificative, che se leggessero “Una modesta proposta” di Jonathan Swift direbbero che è un’apologia di pedo-cannibalismo) e chi era indignato dall’indignazione per il mio monologo. Finisco trending topic su Twitter, oscurando chi in quelle stesse ore vinceva il premio Nobel: per dire le priorità, le gerarchie, la rilevanza. Testate online hanno ritenuto di dedicare pagine a quanto stava accadendo sui social (cioè, ehm, niente?) come se la gente non avesse i social per vederlo da sé. Tempo quarantotto ore e ovviamente la cosa si è spenta così com’è nata, e senza bisogno che io chiedessi scusa (a chi? per cosa?) né tantomeno che mi mettessi a cavalcare la polemica (per altro sarebbe stato reato: circonvenzione d’incapaci).

 

Vi racconto tutto questo solo per dirvi che in quelle quarantotto ore d’isteria social, dettate da spero malafede ma temo analfabetismo, a me non ha importato molto di quanto si scriveva in giro sul mio conto (è forse questa la maturità?), ho continuato serenamente a lavorare su altre cose, ho fatto incontri e riunioni proficue, ho cenato e bevuto in compagnia, sono stato persino al cinema. Quello che succedeva online non aveva alcun riscontro nella vita reale: nessuno mi ha insultato per strada, nessuno mi ha gridato “vergogna!”, né ho avuto picchetti sotto casa, nessuno mi ha tirato sotto con la macchina. Le persone nella vita reale hanno continuato a sorridermi o ignorarmi, come sempre. Una lezione di vita o anche solo di sopravvivenza al rumore di fondo?

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