Il Foglio Weekend

La pasionaria d'oltreoceano

Michele Masneri

La nuova vita di Elisabetta Canalis, in guerra “contro la censura del politicamente corretto”. Una Ferragni al contrario

Finalmente la destra ha la sua influencer: la politica si sa non tollera il vuoto, e l'Instagram ancor meno. Ma era chiaro a tutti  che per battere i Ferragnez Povia non poteva funzionare, con quel look frusto da Michel Houellebecq della canzonetta; né poteva essere la Cuccarini; non buca il video evidentemente suor Anna Monia Alfieri, la religiosa imbullonata nella trasmissione Quarta Repubblica. Certo aveva qualche possibilità Anna Maria Bernini col suo Instagram psichedelico, ma nessuno oggettivamente può competere con Elisabetta Canalis. Nella sua nuova vita con base a Los Angeles,  nelle ultime settimane la show girl è stata protagonista di alcune esternazioni che hanno rianimato il popolo del centrodestra schiacciato dalla silenziosa efficienza del governo Draghi. 

 

“L’Italia è un paese libero. Non deve omologarsi alle follie del politicamente corretto”, ha scritto in una story dal suo profilo “little crumble”, 2,8 milioni di followers. Ribadendo ciò che aveva annunciato l'anno scorso quando Luciana Littizzetto aveva preso in giro Wanda Nara, Nara aveva annunciato querela, Canalis era intervenuta parlando di "censura buonista del politicamente corretto che sta arrivando anche in Italia”.  “Lo dico vivendo in Usa, un paese vittima di questa ipocrisia in cui fare una battuta ed avere un’opinione che sia diversa da quella del gregge equivale ad essere tacciati di razzismo, omofobia o misoginia”.

 

“Sono stata vittima e oggetto di diverse battute della Littizzetto e ne sono onorata”, precisò Canalis, “perché la considero una grande attrice comica ed un personaggio televisivo irriverente e  mai volgare. Mi sono fatta delle gran risate e mai ho pensato di essere stata offesa come donna. Smettiamola di omologarci al pensiero delle star di Hollywood o di chi ci impone di pensarla a senso unico. Abbiamo un cervello ed un senso dell’ironia che non possiamo reprimere in nome delle etichette che gli altri ti vogliono dare”.  

 

Insomma, musica per le orecchie sovraniste della destra italiana e in generale per i molti sopraffatti dalla dittatura percepita dell'ormai arcinoto politicamente corretto e dalla sua amica, la cancel culture. Dall’Italia il proclama canalistico è stato accolto trionfalmente.  E’ stato tutto un ricopiare le parole di Canalis in quelle “card” che i politici e i loro staff pubblicano, generalmente su sfondi scuri e a caratteri cubitali, sui social. Matteo Salvini ha scritto, anche grammaticamente scorretto, su Twitter: “Le parole chiare e coraggiose di Elisabetta Canalis contro il pensiero unico del ‘politicamente corretto’, sottoscrivo”, con  emoticon di applausi. E Giorgia Meloni “Brava Elisabetta!”, sempre su Twitter; (ma un follower: “Vedo che dopo la Zanicchi, la Cuccarini e Al Bano il think tank si amplia).  

 

Molti hanno deciso autonomamente che Canalis parlava di Ddl Zan. Nicola Porro: “Grandissima Elisabetta Canalis, contro la dittatura del pensiero unico. Guardate cosa ha scritto. Adesso vediamo quanti paladini del femminismo la disprezzeranno solo perché esprime la sua opinione e non si fa la foto con la manina per il Ddl Zan”. Il senatore Simone Pillon non crede ai suoi occhi. “Bravissima Elisabetta Canalis. Parole chiare e coraggiose di una donna brava e determinata. L’Italia è un paese libero e così dovrebbe rimanere. Fermiamo il pensiero a senso unico. Fermiamo la censura”, scrive Pillon, per poi concludere il suo messaggio con un hashtag che gli viene così: #Nozan. 

 

Insomma, dopo tanto cercare, la destra ha trovato il suo punto di riferimento fortissimo, e pazienza se è al di là dell'oceano:  adesso non lo molla più. Lei è fortemente radicata nella sua nuova città, e nel suo pantheon politicamente scorretto non può mancare Bret Easton Ellis. Lei cita proprio “Bianco”, librone scritto dall’autore un tempo trasgressivo: "Tutti devono essere uguali e avere le stesse reazioni a qualsiasi opera d’arte, movimento o idea, e se rifiuti di unirti al coro di approvazione verrai etichettato come razzista o misogino. Questo è ciò che accade a una cultura quando non si preoccupa più dell’arte”. 

 

E chissà se Canalis e il marito lo frequenteranno, il vecchio leone di “Le regole dell’attrazione”, che da anni lamentava la crisi creativa finché non è arrivata la lotta al politicamente scorretto a rivitalizzarlo.  Già, il marito, Brian Perri, assonanza con Brian Ferry ma non c’entra niente: lui è un chirurgo ortopedico, e rappresenta la grande svolta narrativa che permette a Canalis di diversificarsi, creando una grande coppia di opposizione, rispetto ai progressisti  Ferragnez. 

 

Come Fedez è più politicizzato di Ferragni, anche Perri lo è più di Canalis. “Brian è un uomo solido. Viene da Pittsburgh, la città dell’acciaio, da una famiglia con 12 figli. E’ forte e responsabile, un conservatore”, ha detto lei. Acciaio, conservazione, Pittsburgh: neanche un pubblicitario accorto sarebbe stato in grado di creare un personaggio così antitetico al Fedez dalle unghie laccate.  E le vaste figliolanze: per dire, Pillon si ferma a tre.

 

Ma la vera differenza dei Canerri (ci si permetta la crasi, Canalis-Perri) rispetto ai Ferragnez è che è proprio un genere di intrattenimento diverso. Se i Ferragnez sono i Kardashian, i Canerri sono E.R. Loro infatti producono continue dirette Instagram in cui rispondono ai quesiti dei followers-pazienti. Che mandano richieste tipo questa (tutta maiuscola): HO UNA STABILIZZAZIONE VERTEBRALE POSSO FARE UNA DOMANDA? MI SERVONO TRE MINUTI DI VIDEO PERO’. Un altro: “Scusa Eli, mio padre si è fratturato tempo fa la L4 e si è ricomposta a cuneo ma ha sempre dolori, Brian consiglia un’operazione?” (e sotto, un altro. “Sei sempre più bona”). Se in italiano, il dottor Perri (camice bianco con scritto sopra Doctor Perri), risponde in inglese e lei traduce. Lui posta anche radiografie, foto di pazienti in ripresa attaccati al respiratore, spine dorsali raddrizzate, immagini di sala operatoria. “Hello! My name is doctor Brian Perri”, scrive lui, piacione, occhio azzurro, alla Stanis La Rochelle, manca solo la voce fuori campo di Itala per essere in pieno Medical Dimension.

 

Doctor Perri all’americana pubblica anche il numero di telefono, caso mai qualcuno volesse un consulto approfondito: 310-746-5918 (+1 per chi chiama da fuori  America, però ricordatevi del fuso, sono nove ore indietro). C’è anche un indirizzo Internet per visite online, e in altre immagini si vede doctor Perri che in un altissimo attico tutto-vetri commenta lastre di schiene californiane, sullo sfondo l’enorme spaesatezza di LA. Anche, biglietti di ringraziamento di pazienti: uno con un orso e la scritta  “grazie dottor Perri, per la prima vola in 11 anni la mia schiena non mi fa male! Sono felice come quest’orso polare!”.

 

Oltre al plot medicale un’altra differenza del format dei Canerri è che non include personaggi minori delle rispettive famiglie, dunque per ora ha quegli spin-off di sorelle e suocere e  non è scalabile come quello Ferragnez (dove chi non si può permettere il top di gamma può seguire o sponsorizzare le sorelle o la madre, più economiche). Altra differenza, il format Canerri si svolge quasi sempre in esterna, data anche la location che esalta sportività tra palme e strade californiane, mentre le quinte dei Ferragnez vedono soprattutto foto e stories in salotto tra architetture di una tarda Zaha Hadid (ma c’è grande  attesa: Ferragni ha appena detto che ha comprato una nuova casa, “la casa dei sogni”, dunque pronti per un nuovo capitolo della saga, dopo la nascita della secondogenita dal nome imperiale, Vittoria). 

 

Ecco, i pargoli: i Canerri su questo sono un po’ svantaggiati,  hanno una sola figlia, e non è nemmeno nata sotto i riflettori, ma il loro palinsesto è partito quando lei era già grandicella (ci affezioneremo ugualmente? E un giorno questi bambini di influencer verranno su come i figli delle star di una volta, rovinati dall’esposizione? Faranno amicizia tra loro?). La ragazzina  si chiama Skyler, ha cinque anni e qualche tempo fa fu incolpevole protagonista di una piccola polemica con Candida Morvillo che sosteneva essere, il suo,  un nome da  aspirapolvere, ma Canalis precisò: “Skyler, variante inglese del cognome olandese Schuyler il cui significato è studioso, dotto (probabilmente la radice del termine è il latino scholaris, studente)". E poi, politicamente e ginecologicamente già scorretta ai tempi: “Se il nome Skyler, secondo le sue ricerche, vuol dire aspirapolvere, il suo, Candida, mi fa solo venire in mente imbarazzanti malattie”.  

 

Anche il Medical Dimension di Canalis vede  gli immancabili animali domestici;  se nella saga progressista dei Ferragnez alligna un french bulldog (perfetto cane riflessivo), che si chiama Matilda, ha 427 mila followers sul suo profilo canino (per dire, Pillon ne ha 5.000), per i Canerri ecco invece un piccolo pastore tedesco, perfetto “pet” per questa famigliola conservatrice.  Canalis infatti non ha mai nascosto il suo pensiero: intervistata nel 2009, si disse felice della vittoria del centrodestra nella sua Sardegna. E, con Berlusconi al governo: “Io sono interessata alla politica, ho sempre avuto le idee chiare, molto precise, fin da quando ero ragazzina, insomma, quello che posso dirle è che sono contenta di questo governo, diciamola così!”.

 

Insomma Canalis è perfetta, in questa sua nuova incarnazione, nell'epoca della cosiddetta  “Netflix politics”, cioè la presa di posizione di star appetibili o addirittura aziende, mentre i politici professionisti hanno, per l'ennesima volta, annoiato. Ma all’opposto della vituperata omosessualista Netflix  per lei cosa ci sarà? La Fox? La Rai? Una italica Telenorba politics?  

 

E certo ci si domanda come,  queste strenue convinzioni, Canalis possa tollerare di vivere nel centro mondiale del vituperato politically correct, a pochi passi dall’epicentro peccaminoso di West Hollywood e dai sacrileghi studios della Disney che sfornano biancanevi e cenerentole transgender  fatte apposta per impressionare i fragili bambini italici: invece di trasferirsi immediatamente, che so, nella bella Polonia che conserva le sue maschie tradizioni, o nella ridente Ungheria dove il premier Orban non si fa certo infinocchiare da questa svalorizzazione estera. Ma è chiaro che lei ha scelto di sferrare la sua battaglia nel luogo più impervio, bisogna conoscere il nemico eccetera.

 

Forse per preparare una grande campagna d'Italia. “Sono fuggita per stare lontana dal tritacarne del gossip che mi aveva presa di mira”, ha detto anni fa. “Non credevo di rimanere lì per sempre, invece, poi ho conosciuto Brian”, racconta. Lui,  il chirurgo dall'occhio ceruleo, un dottor Clooney però reale, la porta a un sacco di convegni medici, si vede sull'Instagram.  “Quando abbiamo iniziato a progettare la vita insieme uno dei due avrebbe dovuto dare la precedenza al lavoro dell’altro e per me è stato giusto agevolare il suo. Non è stato un sacrificio, ma una scelta consapevole della quale non mi pento. Poi se capita una proposta interessante dall’Italia, prendo un volo e torno qui”, ha spiegato tranquillamente Elisabetta. Insomma, per adesso lei lo accompagna ai convegni, ma l'esilio californiano potrebbe non durare per sempre.

 

Del resto LA pare una tappa fondamentale nella morfologia della fiaba degli influencer italici: già Ferragni aveva consolidato lì il suo personaggio. E lì, se non Ellis, Canalis frequenta molto almeno Tiziano Ferro, entrambi coi mariti americani. A una festa di lei lui indossa una maglietta: “I’ve been canalised”. Poi Ferro ha spiegato che canalizzare significa: “Postare impunemente una fotografia nella quale tu stai bene e l’altro soggetto decisamente no. Pratica è stata inventata circa nel 2018 dalla nota umanista Elisabetta Canalis. Termine coniato un anno dopo da Victor Allen, marito del glottologo Tiziano Ferro, amico della stessa Canalis”. Insomma, si divertono. 

 

Ma la vera domanda è: è pronta l’Italia oggi per essere canalizzata? E la risposta è ovviamente sì, lei del resto è autobiografia del paese. Già a Striscia, poi i calendari, gli amori celebri. Sarebbe anche la prima a riuscire a passare da un vecchio media come la tv a Instagram.  Striscia politics.

 

E si porranno adesso opportunità anche per il mondo dell’impresa, con aziende magari ribelli finalmente libere di piazzare la propria mercanzia a testimonial “scorretti”; pastifici con vecchi formati littori per famiglie tradizionali e nostalgiche saranno finalmente in grado di spostare i loro budget pubblicitari dai liberal Ferragnez ai conservatori Canerri? Per adesso, pare tutto un po’ indistinto. 

 

In uno dei tantissimi post sponsorizzati, ecco Canalis sfoggiare un sospetto bikini arcobaleno. Non convergerà per caso anche lei sul famigerato Zan? Macché, è una nuova linea Calzedonia. E se negli ultimi giorni la rivale Ferragni fa la pubblicità alle patatine San Carlo, Canalis giusto dopo le polemiche anti-politicamente corretto annuncia con tempismo d'essere la nuova testimonial  dell'acqua San Benedetto, sostituendo Cindy Crawford. E se, tonicissima e scattante, sempre Canalis sotto il sole californiano indossa spesso e volentieri pantaloni e magliette Intimissimi, si noterà essere la stessa marca che anche l’impegnato e palestrato Fedez appoggia e sponsorizza, però sotto forma di mutandoni neri, nel chiuso di Citylife, a seimila miglia di distanza. 

 

Insomma, tra bianco e nero, Milano e Los Angeles, mentre noi poveri elettori e followers ci cancelliamo a vicenda e ci  scanniamo o zittiamo come in un eterno pranzo di Natale coi parenti, in un bipolarismo estremo applicato ormai non nei parlamenti ma solo sui social di noi followers poracci, sorge il dubbio che influencer e aziende  prosperino invece ispirate dalle più antiche culture cencelli. E, body a destra e mutande a sinistra, serpeggia anche la sensazione di una definitiva vittoria del più vituperato e internazionalista libero mercato.

  • Michele Masneri
  • Michele Masneri (1974) è nato a Brescia e vive prevalentemente a Roma. Scrive di cultura, design e altro sul Foglio. I suoi ultimi libri sono “Steve Jobs non abita più qui”, una raccolta di reportage dalla Silicon Valley e dalla California nell’èra Trump (Adelphi, 2020) e il saggio-biografia “Stile Alberto”, attorno alla figura di Alberto Arbasino, per Quodlibet (2021).