All'Isola dei famosi c'è l'Akash-gate. Come si fa a non amarlo?

Si disseppelliscono gli scheletri di tutte le identità del modello. Ma sotto il falso Akash non c'è un vero Akash. Per questo bisogna salvarlo al televoto, per vedere cosa s'inventa

Manuel Peruzzo

Akash è l’unico concorrente dell'Isola dei famosi che crede fino in fondo a quel motto, liberi di sognare, con cui Ilary Blasi lancia la pubblicità. Una frase che non vuol dire nulla, per noi. Modello, figlio di un indiano e di una brasiliana, nasce a Nuova Delhi ma cresce a Verona. O così dicono lui e bollicinevip.com. Ma internet non è scritto a matita, l’agognata popolarità porta anche tante rogne, i social sono pieni di zabette con una pala in mano, pronte a scavare, e disseppelliscono scheletri di tutte le identità di Akash, praticamente un film di Shyamalan in cui il poveretto fa tutte le parti. Libero di sognare, dicevamo.

 

Sarà perché alla prima votazione ha votato quella che inizialmente aveva detto gli piaceva, spergiurando di non averlo mai detto, obbligando gli autori a mandare il video; sarà che parla come una poesia futurista singhiozzata in veneto; sarà perché per non passare da paternalista o da intellettuale dice “non ti voglio parlare come un padre o un poeta” (quasi un verso di De André); sarà che al terzo giorno vuole tornare a casa perché “Il trash non mi appartiene”, e in curriculum ha Temptation Island e Ciao Darwin; sarà che si sente raffinato perché ha fatto un talent (Ballando con le stelle, che per lui è come Super Quark); sarà che ha gli occhi blu ma forse sono finti (la perizia è di Giacomo Urtis, chiamasi “brightocular”, ma lo sapevano già tutti); sarà che è riuscito a litigare per primo sull’Isola con Drusilla Gucci (parlandone da viva), la quale ha usato dirgli “è solo un gioco”, facendolo sbroccare. Genio. Un dannato genio. Uno che al terzo giorno sostiene la frase più lessa di tutte: “Ho già vinto la mia isola” (?) ma vuole tornare a casa perché si sente solo, circondato da più gente di quella con cui potrebbe stare in zona rossa a Milano. Come fai a non amarlo?


 

Se viviamo nel secolo dove la reputazione è oro, Akash è un Casio venduto alla stazione. Su di lui girano più storie che per Jean-Claude Romand, raccontato da Carrère nell’Avversario, il mitomane che pur di non dir la verità ha risolto sterminando la famiglia. Lo chiamano già acash perché dicono che a Verona si faceva chiamare Andreas Romero, Pedro Pablo, Andreas Pablo (ha più nomi che idee), e chiedeva a donne innamorate e ora felicemente sposate i soldi per la mamma malata, quelle glieli davano e lui spariva in Brasile o in India o chissà dove. Truffe romantiche (tutto da provare, ma chissenefrega). Non si sa neppure bene se è italo brasiliano, italo-domenicano, oppure italo-arabo abbandonato in culla da un ricco sceicco, però alle ragazze pare dicesse “Se usciamo sempre mi offri tu la cena?"

 

Forse di lui si può dire quello che Carrère scriveva di Jean-Claude Romand: “Di norma una bugia serve a nascondere una verità, magari qualcosa di vergognoso, ma reale. La sua non nascondeva nulla”.

 

Quando Zorzi ieri sera ha tentato di sollevare l’Akash-gate (“pare tu abbia più nomi...”), Akash s’è subito indispettito dicendo tutte le cose sbagliate. Come osate? Che trash! Io ho un lavoro vero fuori di qui. Ha detto che mica è lì per una storia vecchia di anni che possiamo consultare comodamente su Google (ha anche posato una testa di cavallo: “Tu sai il mio passato, e io so il tuo passato”, che è come dire: taci o ti rovino), e che tutto questo era noto fin dai tempi di Selvaggia Lucarelli a Ballando (forse intendeva che non si può esser processati due volte per lo stesso reato?) quando l’aveva sgamato e rivoltato in prima serata, e si difendeva con scuse traballanti, vado a memoria, chiedo tanto perdono a Milly, colpa del bullismo, i veneti si sa come sono, e mia madre è tanto malata. Finisce a pernacchie.

 

La prima volta che Eleonora Daniele lo intervista, scusate se tiro fuori reperti più vecchi delle pompe sugli affreschi di Pompei, i credibili propositi sono: “Non voglio fare reality, voglio studiare”, e lei gli dice sì sì bravo, senza aggiungere “Non fare come me che ho fatto il Grande Fratello e mi tocca intervistarti trattenendo gli sbadigli”, ma gli chiede se è fidanzato, e lui risponde “un paio di mesi, due anni” (?), “cioè, la conosco da due anni ma non è proprio la mia fidanzata, la frequento”. Confuso e infelice.

 

Ma che importa? Inquadrano gli occhi di ghiaccio finti come il suo sorriso, perché tanto non cambia niente se dice la verità o s’inventa un Mark Caltagirone, o si fa chiamare Marchisio o enlargeyourpenis, leggeremo tra le righe, come quando ammette: “Ci sono, poi sparisco, sai sono scorpione”. Sotto il falso Akash non c’è un vero Akash. Per questo bisogna salvarlo al televoto, per vedere cosa s’inventa.

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