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"Il mondo è un vampiro, X Factor pure"

Simonetta Sciandivasci

Meno male che è finita nel solo modo in cui poteva finire: con la minorenne che vince, la rivoluzione che è una restaurazione travestita, Agnelli a torso nudo, Mika al suo meglio, Emma più cara di una mamma

È finito X Factor, ha vinto Casadilego, Cattelan ha annunciato che se ne va, dopo dieci anni di conduzione che sono tanti e non troppi quindi sufficienti e allora ch ch ch ch change turn and face the strange. Cattelan è maestro di un sacco di cose, prima di tutto di misura, e lo ha dimostrato per l’ennesima preziosa volta (non possiamo affidargli quelli che dovranno gestire il Recovery, essendo Cattelan uno che ha gestito Arisa e Agnelli seduti allo stesso tavolo, per settimane? Pensiamoci).

  

Dove va? E chi lo sa. Rai? La7? Quirinale? Confindustria? Casa mia? Lo seguiremo ovunque, foss’anche a I Soliti Ignoti – dal futuro post pandemico c’è da aspettarsi di tutto, pure Amadeus al Tg3 e Zoro a Quarta Repubblica e Porro a Galline da Combattimento. Qua siamo parrucchiere d’animo e quindi non possiamo non notare che Cattelan ha salutato X Factor nelle stesse ore in cui si discute del futuro di Domenica In senza Mara Venier, il cui marito, su Instagram, ha lanciato un totosostituti spaccacuore (Alberto Matano? Antonella Clerici? Eleonora Daniele “veneta anche lei”? Caterina Balivo? Diaco?). Non possiamo non sognare che Cattelan prenda il posto di Mara, ma sappiamo benissimo che neanche sette pandemie e due rivoluzioni d’ottobre potrebbero cambiare la Rai in meglio fino a questo punto, alla Rai finisce sempre a tarallucci e congresso di Vienna. Però via, fateci sognare, non abbiamo niente da fare.

  

Alessandro Cattelan è una delle cose migliori capitate alla televisione italiana, quindi al paese, X Factor senza di lui sarà una pagina senza quadretti, un profumo senza bottiglia, una porta chiusa senza la maniglia, ma Cattelan senza X Factor sarà Robbie Williams senza i Take That, tua madre a vent’anni senza te e tuo padre di mezzo, Jennifer Aniston senza Brad Pitt. Fine della relazione intossicata dallo squilibrio. Bravo Cattelan, buona fortuna (chicca: una lettrice del Foglio ha raccontato di averlo incontrato, una volta, in un locale, e avergli detto di odiarlo perché era dappertutto e lui le ha risposto: dai, facciamoci una foto – speriamo sia vero, non facciamo fact checking: fateci sognare).

 

Ora passiamo all’etterno dolore, torniamo tra la perduta gente.

 

Non c’è molto da aggiungere, è andata come doveva andare, e per carità Manuel Agnelli non venga a raccontarci che era inimmaginabile che arrivasse in finale, al secondo posto, un duo noise e blablarock come i Little Pieces of Marmelade, primo perché c’è una pandemia mondiale e persino gli italiani hanno piacere di ascoltare del rumore al posto del bel canto, secondo perché agli italiani non andava certo di sentirsi dire ancora che non sono pronti, non sono maturi, non capiscono il rock, per colpa loro la rivoluzione non si potrà mai fare e quindi, dopo aver fatto fuori i Melancholia, ad Agnelli hanno fatto la cortesia di portare i suoi due cucciolotti quasi in cima. È la mossa della nonna, o se volete del Gattopardo.

 

Attendiamo curiosi di vedere se accadrà quello che Agnelli ha previsto e cioè che dopo i Little Pieces of Marmelade in tv arriveranno frotte di indie e genti dell’underground e speriamo che, in tutta quella folla, ci sia qualcuno in grado di trovare una mediazione tra l’urlare dentro il microfono come se si fosse il lato oscuro di Laura Pausini e il sussurrare il primo verso di "Bullet with Butterfly Wings" degli Smashing Pumpkins  – “The world is a vampire”, una frase che il Papa dovrebbe usare per aprire un Giubileo – come si sussurravano le bollette telefoniche a mamma e papà nel 2003.

 

Prodezze geriatriche di Agnelli nel corso della serata: ha cantato “Quello che non c’è” a torso nudo, come si faceva più o meno nel 1903; ha detto “beviamoci questa tazza di felicità” (quando la rockstar dice tazza e non bottiglia, è tempo di pantofole).

 

Ha vinto Casadilego perché canta bene, ha diciassette anni, è carina, ha i capelli verdi e senza le manomissioni di Hell Raton (il peggior giudice del decennio) e i costumisti di Sky incaricati di valorizzare le virtù morali, forse, farà anche cose buone. Emma le ha detto: non ho mai visto così tanto talento in una sola persona, dovrei essere abituata a quanto sei brava ma ogni volta è un colpo al cuore. Perbacco!

 

Un candidato al trono era Blind, che Emma ha chiamato ancora Franco così da speziare la ricetta del risarcimento, ma che si è limitato (si fa per dire) a guadagnarsi un disco d’oro, consegnatogli mentre era sul palco – pensava di avere il microfono spento quando ha detto “e ora dove cazzo lo metto?”, sapeva di avere il microfono acceso quando ha detto “ho lavorato tanto su me stesso, grazie” e naturalmente ha pianto.

 

Nel fondo salva Stati dovremmo mettere un bonus per artisti e velleitari e inondare di denaro contante tutti quelli che raccontano storie di periferia così da liberarcene prima che infestino le radio – ma voi capite che Blind ha scritto una canzone il cui verso più riuscito è “se un bambino fa un sorriso, io mi giro”?

 

Emma gli ha fatto i soliti complimenti da mamma che nella sua bambina che impara a galleggiare già vede Federica Pellegrini, e tuttavia con l’espressione che hanno certe maestre quando dicono “si applica!” – auguratevi sempre di avere un figlio di cui dicano che non si applica.

 

Il migliore di tutti, Mika, ha duettato con Naip ed è riuscito a farlo sembrare simpatico. Miracolo. Di Mika vorremmo anche dire che abbiamo amato la sua espressione, sempre la stessa, per tutto il programma: divisa equamente tra la faccia di uno che salta alla corda con un fratello gemello e la faccia di uno che vede un essere umano nudo nel suo letto che gli apre le braccia e in una mano ha un cornetto alla crema e nell’altra – stop, censura.

 

Perché continuiamo a guardare X Factor? Per la stessa ragione per cui continuiamo a guardare Sanremo: per divertirci a detestarlo, amandolo tantissimo, e soprattutto perché "The killer in me is the killer in you" (e questo è un altro pezzo degli Smashing Pumpkins che ci auguriamo non finisca nelle mani dei Due Marmellanti. 

 

Ciao, è stato bello anche quest’anno, non fate troppi pettegolezzi, tanto a Natale le zie se ne stanno a casa loro.

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  • Simonetta Sciandivasci
  • Simonetta Sciandivasci è nata a Tricarico nel 1985. Cresciuta tra Ferrandina e Matera, ora vive a Roma. Scrive sul Foglio e per la tivù. È redattrice di Nuovi Argomenti. Libri, due. Dopodomani, tre.