Asia Argento

Ricomincia Pechino Express, beneducato come una sardina, perfido come la tv

Simonetta Sciandivasci

Le 10 coppie di concorrenti sono le nuove categorie di italiani. Grande amore per Asia Argento, Enzo Miccio e I Soldi Spicci

E’ ricominciato Pechino Express, ieri sera, e i nostri occhi sono tutti per Asia Argento e Vera Gemma (più per Asia che per Vera, naturalmente, ma fingiamo adesione all’equità), le due “Figlie d’arte”, che hanno voluto chiamare così il loro duo, la loro squadra. Intento: smentire il cliché che le vuole raccomandate, facilitate in tutto, privilegiate, ereditiere dei meriti dei padri, e dimostrare che è vero il contrario, che non hanno avuto sconti ma rincari, che hanno sempre dovuto lavorare il triplo, anche studiare il triplo - “abbiamo fatto scuole molto dure”. Coerentemente, hanno impiegato il triplo del tempo di tutti gli altri concorrenti per fare un banale calcolo che serviva a trovare la combinazione per aprire una cassaforte con dentro la mappa necessaria a orientarsi, prima sfida della gara. “Abbiamo l’intelligenza troppo astratta”, dice Argento, e infatti quando poco dopo si tratta di aprire un barile, non riuscendoci né lei né la sua “sorella elettiva”, si mette a urlare che “vorrei a questo punto vedere anche un uomo che lo faccia”. Queste due ragazze sono tutte sentimento, sbraitano molto ma non s’arrabbiano mai, sono molto unite ed emotive, sapendo che da loro questo ci aspettiamo, lo hanno scritto anche molti femminili: che siano la coppia della solidarietà femminile, la stessa che Vera ha mostrato stando accanto ad Asia durante tutto l’affaire Weinstein (era lei a confermare ai giornali che “il maiale” perseguitava Argento, a raccontare quanto lei ne soffrisse). Costantino della Gherardesca, che conduce il programma dal 2013, ha detto che le figlie d’arte sono la coppia più sorprendente perché Asia Argento dismette i panni cupi e incazzati, esoterici e misterici, e tira fuori la sua solarità (e goffaggine, una goffaggine incredibile, enorme, però bella da vedere, aggiungiamo noi qua).

  

 

Le coppie di concorrenti sono dieci in tutto, faranno qualsiasi cosa in dieci tappe (dalla Thailandia alla Corea del Sud), subiranno più cattiveria del previsto, però divertendosi molto – “Faremo qualcosa che negli altri programmi non fanno: noi ci divertiremo e faremo più informazione dei programmi di informazione”, ha detto Costantino a La Stampa, spin off del nobilissimo obiettivo che si è sempre posto, e che qualche anno fa aveva perfettamente sintetizzato in un’intervista a La Repubblica: “Si deve sempre dare l’impressione di non fare un cavolo e segretamente lavorare come pazzi”.

 

  

Pechino Express è sempre un successo, ieri era di tendenza su Twitter molte ore prima di andare in onda, e la ragione sta sempre nei dosaggi giusti dei tratti che mette insieme, che sono i tratti che ha in testa Della Gherardesca e che lo hanno reso chi è, e fanno coincidere, in lui, persona e personaggio. La raffinatezza e il popolare, senza nessuna caduta nel trash (sembra impossibile in un reality show e invece qui viene d’incanto, naturale come un ruscello); la serietà e la leggerezza; l’avventura e la voglia di un confine; il lusso e la morigeratezza. Tiri le somme di tutto e hai un programma tv sull’adattamento, su come sia difficile imparare a usare le proprie risorse e, prima ancora, conoscerle. Naturalmente, il programma ha le sue furberie, le coppie di concorrenti incarnano categorie che funzionano e non sono inedite (Enzo Miccio, l’omosessuale milanese impeccabile che però si dimostra il più abile di tutti, “un uomo dalla virilità quasi tossica”; le modelle gnocche col cervello fino, che giocano tutto sulla sottovalutazione di cui godono; i modelli fessi e boccaloni; i romani bonaccioni; i giovani troppo giovani).

  

  

Di molto ragguardevole la coppia dei Gladiatori (Max Giusti e Marco Mazzocchi), che ha vinto la prima tappa per culo, la strategia principale degli italiani, e ha regalato il capolavoro di autenticità che serve sempre a un reality come questo, per tenere a bada i sospettosi del “tanto è tutto scritto”. Ovvero. Max Giusti che sale su un pulmino di turisti belga che parlano un po’ italiano e danno a lui e sodale un passaggio più i soldi per un taxi, vede dei bambini e scoppia a piangere perché, spiega, sta per la prima volta viaggiando senza la sua famiglia, e anche lui è padre, e anche i suoi figli sono piccoli (non ha tirato fuori le foto dal portafogli, o magari hanno tagliato – in caso: grazie, montatori, autori, Costantino, tutti). I belgi, molto colpiti, gli hanno chiesto da quanti giorni fosse via da casa, aspettandosi evidentemente mesi, o almeno settimane (stranieri che non hanno idea di cosa sia il maschio italiano, beati loro). Risposta: “Quattro giorni”. Ilarità generale. Nel pulmino, e pure sul divano di casa nostra, dove oltre all’ilarità s’è alzato un “non ce la possiamo fare” e pure un “poveri figli”. Chi lo sa se Fausto Bertinotti, che ieri ha scritto sul Riformista che a Sanremo hanno trionfato i buoni sentimenti e la buona condotta e la voglia di moderare i toni, tutte cose che in questo momento incarnano le sardine (mica voi che fate la raccolta differenziata e non saltate la fila alle poste e ascoltate Morgan), chissà se avrebbe letto il rinfrancante episodio come una plastica dimostrazione di bontà sardinesca, che ormai va su tutto e in tutto si rintraccia. Mica come certe donne incrudelite dalla crisi del maschio che quelle lacrime le hanno lette come l’apocalisse eterna che sono gli uomini di questo mondo, di questo paese, di Roma, in questo decennio che per fortuna è finito o forse finisce l’anno prossimo. 

 

 

Le due giovani collegiali hanno detto che dimostreranno agli adulti quanto sbagliano a sottovalutare la loro generazione (ma signorine ma avete per caso fatto di recente un giretto in libreria? Non avete forse notato che l’editoria si regge solo sulla fiducia verso gli adolescenti, ed è tutto un raccontarvi, cercarvi, amarvi e soprattutto – soprattutto! -  farvi scrivere libri?).

Se non vi basta come buona ragione per guardare il programma, significa che non vi interessano gli abissi, e allora non sappiamo cosa farvi.

Be’, poi ci sarebbe la coppia di gemelli hipster marchigiani con la barba rossa e lunga. Per fortuna non hanno la panza altrimenti sarebbero Pinco Panco di Alice nel Paese delle Meraviglie, incubo di tutti noi millennial cresciuti con le principesse e le bambine che cascavano nei libri, mica come adesso, che son tutte riscatto e resilienza e scalano e salgono e arrivano in cima.