Gianni Boncompagni e Claudia Gerini durante il programma Bombay (foto LaPresse)

Tre volte Gianni

Riccardo Rossi

La cassetta ascoltata nello stereo della macchina e quel regalo “speciale” per il compleanno. Riccardo Rossi ricorda Boncompagni

Una volta sono riuscito a fargli sentire nello stereo della sua macchina una cassetta audio, una Mallory argentata da 60: un piccolo “meglio di” di Alto Gradimento che all’epoca avevo registrato in diretta dalla radiolina nera Sony che avevo a casa! Lo metto, non si sentiva niente, una qualità infima, ma io riconoscevo le battute e i versi, e comincio a ridere e non riesco più a smettere, Gianni non capisce e mi chiede “Ma chi è? Perché ridi?” - “Ma Gianni, la senti la tosse della dottoressa che fuma la pipa?” - “Ma è solo tosse!” - “Appunto!”. Insomma chiusi in macchina a sentire una sua gag di 30 anni prima, io che ridevo come allora e lui che rideva per come ridevo io. Chiusi in macchina.

 

Una volta sono riuscito a fargli un regalo per un suo compleanno che festeggiammo in tre: lui, Claudia ed io, mangiando un piatto di pasta a casa sua. Aveva tutto, che gli puoi regalare? Colpo di genio! Una scatola piena di batterie di qualsiasi formato. L’anno successivo, lo chiamo per fargli gli auguri (stesso giorno di Stevie Wonder): “Gianni, tanti auguri!” - “Sono finite...”.

 

Una volta, andiamo insieme in libreria, e lui compra di tutto per tutti, a un certo punto indicando il capolavoro di Edgar Lee Masters “Antologia di Spoon River” mi chiede se l’avessi letto: io sudo freddo e dico “no, ma so che l’ha tradotto Fernanda Pivano, quella di Hemingway...”. Lui mi guarda da sotto gli occhiali, mi gela e me lo compra. “Gianni, mi fai la dedica?”. Prende la penna alla cassa e scrive sotto il titolo: “A Riccardo con simpatia, Edgar Lee Masters”.

Ciao Gianni, ciao.